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Channel: da sopra un'amaca
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La vita è bella

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Anche i parenti sardi ospiti a casa mia mi hanno visto frignare per un film.
È più forte di me, ogni volta che vedo La vita è bella provo le stesse emozioni, quel contrasto incredibile fatto di lacrime che sgorgano sopra un sorriso.E alla fine resto così, imbambolata davanti a tanta poesia messa in piedi da un uomo per amore, per amore di una donna prima e per amore di un figlio, poi.
E alla fine resto così in silenzio, dolorante di emozioni direbbe Marta, probabilmente.

Innamorata pazza degli occhi di Giosuè.
E della poesia di Guido.
E della colonna sonora che ti viene voglia di chiudere gli occhi e stare solo ad ascoltare.
E di quel buongiorno principessa!
E di quei mille punti che Giosuè conquista schiantando dal ridere.

Troppo bello questo film.




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E così sarei una scufara...

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[il post è stato scritto quasi interamente ieri, 
se ci sono dei problemi con le indicazioni temporali è per questo]

È iniziata male la convivenza con i miei parenti sardi, una settimana fa. Me li ritrovavo ovunque: sul mio divano, in camera mia davanti al mio computer, soprattutto davanti alla mia tv alla ricerca di canali per me sconosciuti tipo Giallo o Acqua. Sono fondamentali? Perché da me non si beccano col digitale. Quel cugino di mio padre mi ha detto che su Acqua parlano solo del mare, forse è per questo che da me non esiste. Qui, cugino di mio padre, siamo in Umbria, per la precisione a casa mia, quindi se ti dico che la mia televisione mi va bene così, va bene così. Punto. Il primo pomeriggio di convivenza l'ho passato cercando di evitare che salisse in soffitta e sul tetto per cercare di far prendere al digitale, che al momento funziona benissimo, quei due canali.
Per fortuna deve aver capito il messaggio, perché dopo 3253554 sintonizzazioni nelle più svariate lingue ha mollato e non è più tornato sull'argomento.

Insomma, la nostra convivenza è decisamente migliorata, tanto che, mentre martedì scorso ero seriamente dubbiosa sul fatto di poter resistere una settimana senza dare in escandescenza, ieri stava quasi per partire la lacrimuccia al momento dei saluti. Lo so sono patologica, ma alla fine mi ero affezionata e abituata ad averli qui.
Insieme a colazione. Insieme a pranzo. Insieme la sera. Insieme a giocare a scopa, unico gioco comune tra umbri e sardi a quanto pare. Non sapevano giocare a briscola e nemmeno a tressette. In compenso mi hanno insegnato la pinella, ma c'ho giocato solo per un'oretta e non credo di aver capito il meccanismo fino in fondo.
Il sardo è una lingua a sé praticamente. Mi piacerebbe avere un asso nella manica del genere, un dialetto sconosciuto a tutti gli altri. Purtroppo sono troppo vicina alla Toscana per avere un dialetto lontano anni luce dall'italiano. Anche se avessi voluto non avrei saputo fare un lungo discorso incomprensibile per quei parenti sardi, cosa che al cugino di mio padre riusciva con una certa facilità. Era un continuo lo sai come si dice in sardo...? E io che ovviamente rispondevo sempre di no. E lui che allora mi traduceva. Mi sa che presto dimenticherò tutte le parole imparate. Mi ricordo ancora scufara, cioè sculata, come questo zio appellava me e sua moglie in un momento particolarmente fortunato della partita a scopa. Zio si dice tziu.
Mi è piaciuta la metafora che ha usato per indicare una persona paracula: una spina nel fango. Ovviamente come si dicesse in sardo la mia mente l'ha già cancellato.
Ho notato che il sardo ricorda un po' il latino, tanti verbi finiscono in iri, poi mettono il verbo essere dopo l'attributo, anziché prima. Fine. Questo è tutto quello che mi ricordo.

In questa settimana in cui sono stati qui ha piovuto spesso, perciò siamo stati tanto in casa. E qual è l'argomento fondamentale in questo periodo, argomento di cui, gira gira, si finisce sempre per discutere? Ma la politica, ovviamente. Questo cugino di mio padre è assolutamente di sinistra, così antiberlusconiano che non guarda mai, mai, Mediaset. Per lui i politici migliori sono D'Alema e Fini. Io ho storto il naso quando mi ha detto così, dicendogli che a me D'Alema sembra proprio una bella spina nel fango. Concordava anche lui sul fatto che avesse fatto degli errori quando era al governo, ma giustificati. Secondo lui c'era un contesto per cui non poteva prendere decisioni diverse, riguardo la guerra oltre l'Adriatico per esempio. Del mio voto a Sel è piuttosto soddisfatto, anche se avrebbe preferito il PD. Sì, certo, come no.

Morivano dal freddo. Per loro l'inverno ha 16 gradi. Da me c'erano temperature un po' più basse, che gli hanno permesso anche di intravedere la neve, cosa che a Cagliari si sognano. Lui ce l'aveva tanto con una mia cugina, insopportabile anche per me. Diceva che ogni volta che lei va in Sardegna è tutta un noi a Perugia abbiamo questo, abbiamo quest'altro. Come se pensasse di parlare con dei cavernicoli, ha detto lui. Lui deve aver pensato di riequilibrare le cose parlando a me di Cagliari e della sua regione, che sembra il ritratto della perfezione. Io ci credo eh, che la Sardegna è bellissima e più evoluta della mia Umbria, però ecco sottolinearlo a tutte le ore mi sembra un po' eccessivo. Mi ha fatto vedere su internet certe spiagge che davvero sono incantevoli e non spiagge di lusso, della Costa Smeralda, spiagge sempre nei dintorni di Cagliari. Ho visto una spiaggia rosa meravigliosa. Mi hanno detto che lì non ci si può più andare, perché la gente portava via la sabbia, così adesso si può ammirare solo dal traghetto. Mi ha colpito anche una spiaggia con le rocce rosse, molto particolare. La mia preferita in realtà era un'altra di cui non mi ricordo il nome, aveva una sabbia fatta da sassolini piccolissimi, sembravano chicchi di riso e perline. Davvero qualcosa di meraviglioso.
Per non far sfigurare la Sardegna questo cugino di mio padre mi ha fatto vedere anche le cascate che ci sono nella sua regione, non appena ha saputo che un altro mio zio voleva portarli a vedere le cascate delle Marmore. Ecco, sulle cascate non ci siamo eh. La nostra è la più bella d'Italia, la più alta d'Europa. Finalmente ho potuto anch'io sottolineare qualcosa che rende più bella la mia regione! Finalmente!
Mentre andavamo alle Cascate facevo da Cicerone e che felicità quando gli ho mostrato Papigno, il paesino in cui Roberto Benigni ha creato un set cinematografico, dove ha girato anche le scene de La vita è bella ambientate nel campo di concentramento.

Insomma, questa settimana è andata un po' a rilento, ma in fondo non è stata così male. Pensavo sarebbe andata molto molto peggio, invece no. Alla fine ci siamo divertiti credo, in mezzo ai nostri cibi e a quelli che hanno portato loro. Sarà che non mangio il pesce e nemmeno il pecorino, ma l'unica cosa che davvero mi è piaciuta è il pane carasau. Pare che tra poco mi manderanno un pacco con i loro dolcetti tipici, visto che hanno assaggiato un sacco di dolcetti che ho preparato io. Tipici di casa mia e basta, più che dell'Umbria in verità.

Sto gradualmente tornando alla normalità, con un bagno tutto mio, la camera in disordine, qualche libro sparso sul letto, un po' di tempo per me. Non ho letto nemmeno una pagina quando c'erano gli ospiti. Non ho passeggiato con l'Ambra. Non ho giocato molto con la Giulia.
Mi sono mancati i miei bei momenti di solitudine, di cui ho un bisogno quasi vitale.

Adesso posso respirare di nuovo. E leggere. E vedere. Ascoltare. Passeggiare. Cucinare.
Ah, che bello.

Gennaio 2013 - i film [prima parte]

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Film del 1984 che mi ha consigliato Fra.
Sei anni prima che nascessi c'era un Robert De Niro bellissimo con cui avrei sicuramente tappezzato volentieri la mia camera.
Una bella storia d'amore, semplice e quasi normale. Bella perché potrebbe succedere a chiunque, forse. Il caso ci mette lo zampino e un uomo e una donna mandano all'aria i loro rispettivi matrimoni per un'attrazione combinata con un'amicizia, il tutto nato grazie a uno scontro fortuito in libreria e continuato grazie a incontri quotidiani sul treno.
Mi è piaciuto, d'altra parte con due attori del genere per protagonisti il risultato non poteva essere diverso. Robert De Niro aveva proprio tanti bei perché. Mi sono innamorata anch'io.
Voto: 8


Film del 2010, diretto dallo stesso regista di Pretty Woman.
Carino per trascorrere un paio d'ore in tranquillità, anche se potrebbero alzarsi gli zuccheri nel sangue.
È ambientato nel giorno di San Valentino in cui si intrecciano tante belle storie d'amore, belle quanto scontate. Tutti i nodi vengono al pettine in quel giorno dove tutti hanno i cuoricini negli occhi, non può esserci altro che il lieto fine.
Voto: 7. Meritava meno forse, ma alla fine mi ha regalato due ore di zucchero (e un po' di sbadigli). E anche quello ci vuole, ogni tanto.

Film del 2008, trasmesso alla fine delle vacanze di Natale su Canale 5.
Al posto di Emma Lloyd non avrei saputo chi scegliere tra il paziente, calmo, riflessivo Richard (Colin Firth) e il pompiere Patrick Sullivan (Jefrrey Dean Morgan). A dir la verità avrei scelto il pompiere anch'io, però il modo in cui se ne è andato Richard da Emma mi avrebbe fatto venire mille dubbi, fossi stata in lei. Può un uomo che ama essere generoso come lui? Amare è davvero lasciare liberi? Non lo so, però mi ha fatto un po' tenerezza Richard che capisce che lei ama l'altro e non la riempie di insulti, ma la lascia, vestita da sposa, libera di andare da Patrick. Cose che nella realtà certo non accadono. Al posto di Richard minimo le avrei appiccicato uno schiaffo seguito dai peggiori insulti che si possano rivolgere a una donna.
Voto: 6.

Film del 2010.
Assolutamente da vedere, lo dico alle donne. Il lato B di Pierfrancesco Favino merita di essere ammirato senza alcun dubbio. Anche se la storia non è il massimo, anche se il finale a me ha lasciato un po' d'amaro in bocca, anche se è tutta una bugia, tutto un desiderio incontenibile che stravolge le vite normali (e tristi?) di Anna e Domenico. Un tradimento che diventa una droga, una moglie arrabbiata, un compagno che preferisce fingere di non aver capito e loro che continuano ad amarsi in uno squallido motel, unico luogo in cui possono stare insieme.
Voto: 6, alla storia. Pessimo il finale.
10 a Pierfrancesco Favino, anche la lode al suo lato B, forse l'unico vero motivo per cui questo film dovrebbe essere visto.

Non so per quale esatto motivo io, in una serata di inizio gennaio, abbia passato due ore della mia vita a guardare questo film trasmesso in seconda serata da Italia 1.
 Me lo sono chiesta perché non ho continuato a leggere o perché non ho semplicemente dormito. Forse era addirittura meglio Bruno Vespa, considerazione che, da sola, quantifica il mio apprezzamento per il film.
Ogni tanto ho riso, ma per la maggior parte del tempo sono rimasta con gli occhi sgranati a chiedermi ma possibile? Scene imbarazzanti e irreali. Irritanti.
Ho sprecato due ore della mia vita (un po' come quando ho deciso di vedere Amore 14).
Voto: 3.

Gennaio 2013 - i film [seconda parte]

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Isabella Ragonese mi piace, Fabio Volo no. Il suo omonimo libro, letto due estati fa, non mi era particolarmente piaciuto, anche se forse, tra i suoi libri letti, è quello che mi ha emozionato di più. Anche se la storia è sempre la stessa: un quarantenne che non vuole innamorarsi, che vive alla giornata con donne sempre diverse, fin quando...puff! incontra la donna della sua vita sul tram. Si guardano per giorni e giorni, fin quando lei non prende l'iniziativa e non lo invita a prendere un caffè. Peccato che il giorno dopo andrà, per lavoro, negli USA. Ovviamente lui la rincorre per il mondo e, ovviamente, l'acchiappa.
Il finale del film non mi è piaciuto per niente. Proprio per niente. Per gran parte del tempo ho pensato che fosse migliore del libro, poi però quel finale rocambolesco dove ogni soffio di vento determina il loro ritorno di fiamma, bhè...l'ho trovato un po' eccessivo. Ok, è bello quando il destino ci mette lo zampino, ma così è troppo. Patetico.
Voto: 5.

Come eravamoè un classico del 1974. L'ho guardato a più riprese, durante la "settimana sarda", in orari improbabili per cui a un certo punto, puntualmente, mi addormentavo.
Come eravamoè una storia d'amore di due opposti che si attraggono: lei, Katie, ebrea e attivista politica nel gruppo dei giovani comunisti, e lui, Hubbel, bellissimo, conservatore e piuttosto indifferente alle sorti del paese. Il loro rapporto si evolve dagli anni dell'università fino a quelli della loro maturità. Si amano, si lasciano, si riprendono. Sullo sfondo gli avvenimenti della storia americana di quei decenni.
Voto: 6. Mi aspettavo qualcosa di meglio. Se mi fosse davvero piaciuto, anche a orari improbabili, non mi sarei addormentata guardandolo.


Film consigliato da Giulia. Anche questo l'ho visto durante la "settimana sarda" a orari improbabili, ma non mi sono affatto addormentata. Anzi.
La protagonista, Marley, è una donna decisamente indipendente, giovane, con una carriera ben avviata. Vive da sola e non riesce a tenersi un uomo, ma la cosa non la disturba affatto. Lei è un uragano, un'esplosione di ironia e voglia di vivere. Tutto cambia quando il giovane medico Julian le diagnostica un tumore al colon non operabile. La invita a provare comunque a curarsi, anche se gli effetti saranno devastanti, lei prova ma presto interrompe le cure. Non ha voglia di allungare di poco la sua vita rendendola una non-vita. Marley cerca di continuare ad essere quello che è stata fino a quel momento: una donna brillante, simpatica, estroversa. Ci prova perfino col suo giovane oncologo, tanto per ridere anche in un contesto drammatico. Lui è travolto dall'ostinata bellezza e forza di Marley, così, andando contro la deontologia professionale, inizia a uscire con la sua paziente, malata terminale. E anche lei, che nella sua vita non ha mai amato nessuno davvero, sente il suo cuore pieno di questo dottore carino, con il naso sui libri e una scarsa capacità di raccontare barzellette. Marley vive gli ultimi mesi della sua vita fingendo quasi di non pensare che non ce ne saranno altri, poi. Il loro è un amore che non si aspettavano, un amore vero purtroppo a tempo determinato.
Voto: 8. A me il film è piaciuto, anche se in un certo senso mi ha fatto rivivere un brutto periodo della mia vita. Forse per questo alla fine avevo gli occhi pieni di lacrime, perché l'ho vista davvero quella forza disperata di Marley che prova a vivere con dignità, anche se sa che la sua vita finirà in tempi completamente sbagliati. Credo che tutti quelli che hanno vissuto qualcosa di simile possano essere commossi da questo film che racconta, in modo diverso dal solito, come si muore di cancro a trent'anni o poco più.

Claudia Gerini, Fabio De Luigi, Filippo Timi. Tre attori che, tutto sommato, mi piacciono. Credevo che messi insieme in un film avrebbero reso quel film, se non eccezionale, almeno carino. Guardabile. Divertente.
Niente di tutto questo in Com'è bello far l'amore secondo me. La sigla mi è piaciuta, per il resto tutto molto piatto e noioso, non vedevo l'ora che finisse. Un pornoattore (Timi), amico storico di Giulia, ritorna casualmente nella sua vita quando lei sta attraversando un periodo di crisi con suo marito Andrea. La loro crisi è soprattutto una crisi di letto e chi, meglio di un pornoattore, può aiutarli a ritrovare l'intesa perduta?
Voto: 4. La cosa grave è che non ho nemmeno riso.

Perché?

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Ho voglia di parlare di politica, anche se è l'argomento più ossessionante delle nostre giornate in questo periodo. Quanto vorrei che domani ci fossero queste elezioni, innanzitutto perché ogni giorno che passa mi sembra che le cose peggiorino e poi perché davvero non ne posso più di accendere la televisione a qualsiasi ora del giorno e della notte e trovare, tendenzialmente, o Monti oppure l'altro che non voglio nemmeno nominare.
In un angolo alla mia destra, buttata per terra in mezzo ad altre cose, c'è la copertina de Il manifesto che ho conservato il giorno in cui lui si è dimesso. Mi sembrava un mai più definitivo, lo pensavo fino a qualche settimana fa, non che adesso penso che lui abbia speranze di vincere le elezioni, quello che mi preoccupa è che il centrosinistra ha speranze di perderle, ancora una volta.

D'altra parte io stessa a Bersani lo prenderei a schiaffi. Davanti al tg di La7 ieri sera ho sgranato gli occhi. Siam mica qui a farci prendere in giro, eh. Non è che questo qui, sul serio, vuole mollare Vendola per Monti? Ma sul serio? Perché? Se lo diceva prima, al ballottaggio delle primarie col cavolo che lo votavo.  Ma come? Voto te perché sei un pochino, leggermente, più a sinistra e poi mi diventi con un niente superfan del grande centro (destra)? Così non va bene. A saperlo avrei votato Renzi.

Basta parlare di politica. Anzi no, devo raccontare la mia delusione nell'apprendere, sabato sera, che sabato pomeriggio era a parlare a quaranta minuti da casa mia. Non Bersani. Nemmeno Renzi. Vendola. Il mio Nichi Vendola. E io non lo sapevo. Gravissimo! Se ci penso ancora mi mangio le mani. Lunedì comunque, per rimediare, sono entrata nella piccola libreria che c'è qui per comprare il suo nuovo libro. Non c'era. La libraia nemmeno sapeva che era uscito. Andiamo bene. Perché?

Basta politica adesso, davvero.

Sabato sera ci sarà la festa in maschera della mia frazione, da noi organizzata. La mia intenzione era quella di aiutare senza mascherarmi, ma pare non sia possibile. Perché? Sono stata obbligata a vestirmi come una tizia di Grease. Oggi pomeriggio l'ho riguardato insieme all'Ele e a mia sorella, mentre la Sofia giocava tranquilla, stranamente, nel box, e la Giulia faceva casino, come al solito.
Il problema è che la mia mamma non ha una gonna a ruota. Perché? Il cucito non è il mio forte, ma credo di dover provare a farne una con le mie mani. Ho trovato anche un bel tutorial, leggendo il quale sembra tutto una passeggiata. A dire il vero c'è anche scritto che il primo tentativo farà schifo, ma chiaramente questo non sarà il mio caso. #crediamoci
Ho pensato che:
- metto una normalissima camicia marrone, l'unica che ho a tinta unita. A quadretti andrebbe bene uguale?
- faccio due codine e le lego con un nastro dello stesso colore della gonna, che sarà rossa se metto la camicia marrone.
- metto un paio di scarpe bianche che non so da dove vengono.
Ho pensato che mi vergognerò da morire. Sono l'unica che si vergogna a mascherarsi a Carnevale?

E sia chiaro: mi maschero, ma al balletto non partecipo nemmeno sotto tortura.

Giù la maschera

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Ieri sera, per sbaglio o distrazione, non ho pubblicato questo post. Lo pubblico oggi, ma l'ho scritto ieri, lo dico per i riferimenti temporali che altrimenti sembrerebbero sballati.

Appoggiata sulla scrivania c'è la figurina che ho faticosissimamente contrattato oggi pomeriggio. Matteo ha finito quasi tutto l'album dei calciatori, gli mancano un centinaio di figurine. Oggi lo stavo aiutando a mettere in ordine i doppioni, mentre lui era intento a cercare una figurina che mi doveva regalare: quella dello scudetto del Milan. Nelle mie mani è capitata però la figurina numero 197, quella di Antonio Cassano interista. Ne aveva addirittura due di doppioni di Cassano! Uno doveva essere mio. Per forza. Matteo ha opposto qualche resistenza, così per scherzo. Ho provato a barattare l'unico doppione dello scudetto del Milan, che mi aveva già dato, con la figurina di Cassano, ma niente da fare. Gli ho detto dai, riprendi questa che è più preziosa e dammi Cassano. E lui, ruffiano e dolce come nessun altro, sorridendo mi ha detto: Eh, ma anche tu sei preziosa e quello scudetto è per te. Farà piangere le donne il mio sdolcinato cuginetto, comunque la sua dichiarazione d'amore ha fatto breccia nel mio cuore e allora sì, l'ho fatto, gli ho promesso che sarò felice ogni volta che Cassano farà un goal, anche se è dell'Inter. Sono ruffiana anch'io: con quella promessa ho finalmente ottenuto la mia figurina.
Cassano adesso sorride davanti a me, vicino al prezioso scudetto del Milan e a una penna blu.
Certo ha quella maglia neroazzura che si poteva risparmiare, ma a Carnevale glielo posso pure perdonare. Forse si è mascherato pure lui.

L'ho fatto anch'io.

Alla cena di ieri sera eravamo un centinaio. Ieri mattina sono stata ad aiutare a fare i dolci, tutti superfritti, troppo per i miei gusti. Castagnole, frappe, tortucce, miele, zucchero a velo, alchermes. Sono uscita da lì che puzzavo da morire. A casa ci sono tornata con i finestrini della macchina aperti anche se nel frattempo stava nevicando. Quella puzza di fritto era insopportabile.
Dopo pranzo ho mollato la cucina per spostarmi nel salone da apparecchiare. Eravamo solo in due, io e il presidente. Mentre aprivamo i tavoli, srotolavamo tovaglie e soffiavamo nelle stelle filanti, mi è tornata in mente la prima volta che ho saputo che esisteva. Avrò avuto circa quattordici anni e a una festa, d'estate, ho visto questo tipo qui: moro, occhi chiari, occhiali. Bello. Non ho fatto in tempo a prendermi nemmeno mezza cotta per lui che è arrivata la doccia fredda: qualcuno mi avvisa che siamo cugini di secondo grado. Perfetto. Ormai saranno passati una decina d'anni da quel giorno, nel mezzo c'è stata tutta la sua lunga storia d'amore con una ragazza che piaceva tanto a tutti, il suo tradimento, amicizie che crollano, pugni che volano, equilibri che non torneranno più. Ho sparlato tanto tanto anch'io, perché proprio io da lui non me l'aspettavo. Ci sono rimasta proprio male e poi la sua ex mi piaceva troppo, al contrario della ragazza con cui l'ha tradita, con cui sta tuttora.
Ormai da quella storia che ha rotto il gruppo e le amicizie è passato un anno e mezzo. Ieri mentre attaccava i riscaldamenti e contava le sedie mi chiedevo se poi, in effetti, è davvero cambiato qualcosa in lui. Da quello che era quella sera d'estate di una decina d'anni fa, da quello che era con la sua ex, quello che con un padre assente alle spalle si era inventato un lavoro e costruito una vita. Per tanto tempo lui per me è stato un esempio, era un ragazzo che si era rimboccato le maniche e, da solo, aveva messo in piedi quella famiglia che non aveva avuto. Perché per tutti noi lui e la sua ex ormai erano come sposati, con la loro casa e il loro mutuo. Pensavamo che il matrimonio fosse solo questione di mesi. Lui ci scherzava anche su. Nell'estate del 2011, quando lui già tradiva la sua ex con quella che faceva tanto la sua amica e l'amica di tutti, faceva lavatrici e diceva che era un uomo da sposare. E noi non vedevamo l'ora di vestirci belli per loro due. Qualcuno diceva che lui non era così maturo, ma a me non sembrava. Lui giocava coi bimbi insieme a me, loro si fidavano di noi e i bimbi lo sentono se sei una persona per bene oppure no.
Per me lui lo era, per questo quando è uscita fuori la bomba del suo tradimento prolungato, scoperto e non confessato, ci sono rimasta di un male indescrivibile.
Di lei no, ma di lui mi fidavo.
E vederlo tradire così una persona con cui, bene o male, era stato per dieci anni, mi ha sconvolta. Non sono più riuscita a vederlo come prima. Quella che prima era simpatica esuberanza poi è diventata presunzione, quella che prima era bellezza poi è diventata vanità. Non so se è cambiato anche lui o se sono cambiati solo gli occhi con cui lo guardo. Fatto sta che niente è più come prima. Quasi tutti i ragazzi del gruppo che c'era fino a due anni fa non gli parlano nemmeno più. Lo evitano come un appestato, sono usciti fuori da ogni organizzazione di ogni festa, hanno smesso di partecipare a qualsiasi cosa perché c'è lui, perché ci sono loro.
E sono persone di trent'anni quasi ormai. E il presidente e la first lady saranno traditori, ma gli altri quanto sono bambini? Perché, dopo un anno e mezzo, ancora non riescono a vedere una collaborazione per qualcosa per il paese semplicemente per quello che è? Una collaborazione, non un patto d'amicizia.
Mentre apparecchiavamo e sistemavamo i tovaglioli e i piatti in maniera carina pensavo che il tempo dovrebbe seppellire tutto il rancore e le liti. Pensavo che R. potrebbe rimettere piede nell'associazione per cui si era tanto impegnato in passato, perché in fondo né il presidente la first hanno davvero tradito lui, come non hanno tradito me.
Il fatto è che a me succede che quando vedo una persona tradire ripetutamente ho paura che possa tradire anche me, se poi mi affeziono. Così della first lady non so se saprò mai essere amica, perché è successo più volte che quelli che le hanno voluto bene poi se la sono presa matematicamente in quel posto lì. Ci parlo, ci convivo, ma diffido, diffido molto. Quando c'è da fare qualcosa poi ha sempre mal di schiena.
Col presidente è diverso. Partendo dal presupposto che non sarò mai la sua ragazza sento che potrei fidarmi di più. Ieri pomeriggio ci sono stata bene. Scherzava in continuazione. Mi diceva di parlare di più e pensare di meno. Stai sempre lì a pensare. Sfotteva pure, l'altra sera. Chissà chi ti sposa che stai sempre a lamentarti? Zitella e lamentona, peggio di così... Insomma, carino. Molto carino questo mio cugino di secondo grado. Se mi prende in giro in faccia è perché in fondo non gli sto antipatica. Nemmeno lui mi sta antipatico e un po' mi dispiace vederlo sempre da solo, con la first lady e basta. Mi sembrano anche tristi quando sono insieme. Non vorrei che si sentissero prigionieri di una storia che ha fatto saltare in aria le vite precedenti e adesso non avessero il coraggio di uscirne fuori. Lui ha passato il pomeriggio a ridere, poi è arrivata lei a cena e non ha scherzato più.

La cena è andata bene. Ero seduta vicino alla Giuli e insieme ammiravamo l'unico degno di attenzione presente: bello bello bello. Biondo, ma bello. Lei pensava che io lo conoscessi e invece no, cioè certo che so chi è, ma non sono in confidenza. Comunque ha una delle storie più belle che conosco: lui è uno dei bambini che dopo l'esplosione di Chernobyl furono mandati in Italia a respirare aria buona, ospitati dalle famiglie. Una volta diventato maggiorenne non è più tornato in Ucraina, se non per le vacanze, adesso vive da queste parti e ogni tanto frequenta anche la mia frazioncina. Solo ogni tanto però, purtroppo. Con la Giuli ci siamo rifatte un po' gli occhi, il che non guasta mai.
Lei, dea greca, e io, ragazza di Grease, ci siamo fatte spuntare gli occhi a cuoricino ammirando un mezzo pirata. Volendo mi sarei potuta consolare con un mio collega di maschera, che però proprio non mi piace. Se non mi piace non mi piace eh. Non se ne farà mai niente ed è bene che lui lo capisca immediatamente, non ha ricevuto nemmeno mezzo incentivo ad andare avanti nelle sue proposte quindi è meglio che smetta subito. Lui è straniero, è qui da quasi due anni, da un po' "esce" con una donna della frazioncina che avrà dieci anni più di lui. Non so se lei pensa che è una storia seria, ma lui mi sa di no. Così, quando stavamo per sfilare tutti noi di Grease, lui ha provato a soffiarle addosso una stella filante e lei, acidissima, gli ha detto di continuare a tirare i coriandoli a chi li aveva tirati fino a quel momento. Comunque lei sa benissimo che io non ho fatto niente, anzi. Infatti con me era normale, come sempre. L'importante è che questo sia chiaro e mi sembra ben chiaro a tutti.

Faceva un freddo incredibile ieri, c'era il gelo ovunque. Quando sono andati via tutti e ci siamo messi a pulire il pavimento dallo spesso strato di coriandoli credevo di congelarmi, in effetti ero vestita leggera. Mi sembrava inutile uscire, prendere i jeans dalla macchina e metterli. Figuriamoci, saranno stati sotto zero anche quelli. Brrr...Quando sono tornata a casa ho passato un'ora a bubbolare nel letto con la termocoperta al massimo. Avevo una temperatura corporea dio venticinque gradi secondo me.

Comunque ecco, alla fine è stata una bella festa. Abbiamo guadagnato qualcosa per rimpolpare la cassa, abbiamo cantato e ballato. Per fortuna il balletto di Grease sono riuscita a evitarlo, perché chi doveva portare la musica l'aveva messa in un cd invece che in una chiavetta. Mai errore fu più apprezzato da me. Certo facevamo proprio pena. Il nostro John Travolta, bruttissimo naturalmente, non si era nemmeno fatto il ciuffo. Bleah. Sandy sembrava quasi un trans, la Giuli pensava che fosse un uomo.
L'importante, comunque, è che è stato evitato il balletto.

Aggiungo qualche foto. Tra quelle in mio possesso non ne ho trovata una in cui mi vedo di più e forse è un bene. Comunque da notare la mia meravigliosa gonna rossa, non è venuta bene?

Buon Carnevale a tutti!

12 febbraio

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Dev'esserci stato un Carnevale anche il 12 febbraio di tanti anni fa, quando ero una bimba piccina che non andava nemmeno a scuola.
All'epoca avevo solo un'amica, Veronica, la mia cuginetta. Giocavo ogni giorno con lei, solo che a volte mi sentivo sola, almeno credo, perché altrimenti non mi sarei inventata un'amica. Ebbene sì, avevo la mia amica immaginaria, dai capelli rossi e corti. L'avevo trovata in un cartone animato di pallavoliste, ma non avevo scelto la protagonista, non Mila, ma Caori.
[Cercando la sua immagine da mettere ho scoperto che il suo nome si scrive con la K, ma io l'ho sempre pensata con la C e quindi nel mio cuore sarà sempre Caori con la C.]
Pare che le volessi molto bene, tanto da imbastire con lei lunghi dialoghi e giochi, tanto da lasciarle addirittura spazio nel letto accanto a me. Raccontano che quando mi infilavo nel lettone fossi molto attenta ai movimenti dei miei genitori, pretendevo che stessero a distanza, in modo da non schiacciare la mia amica.
Un giorno ho pensato che era giusto che anche lei avesse un compleanno, come me, come la Veronica. Non le ho scelto una data a caso, ma il 12 febbraio, perché quel giorno, in quell'anno che non ricordo quale fosse, era Carnevale e all'epoca andavo pazza per quella festa. All'epoca il martedì di Carnevale io e la Veri ci vestivamo e poi andavamo fuori a festeggiare, mentre Tommy ci scodinzolava intorno. Nel giro di cinque minuti ci alleavamo contro la sua mamma, la inseguivamo riempendole tutto il maglione e i capelli di coriandoli e stelle filanti. Ridevamo tutte. Io vestita da Cappuccetto rosso, la Veri vestita da Sissi e sua mamma che fingeva di correre, ma si faceva sempre acchiappare. Le ficcavamo i coriandoli fin dentro le mutande mi sa, ma lei non si arrabbiava o almeno non mi ricordo.
Da qualche parte magari, in mezzo alla schiuma e alle stelle filanti, c'era anche Caori, alla Veri io l'avevo presentata e, per quanto ne sappia, andavano anche molto d'accordo. Nel giro di poco tempo ci siamo inventate un gioco popolato da decine di personaggi di fantasia, un gioco che, come una telenovela, è andato avanti per anni, un gioco che custodiamo entrambe gelose nei nostri cuoricini di donne, ormai.
Caori comunque ha avuto un ruolo molto più importante di tutte le altre invenzioni, tanto che l'avevo eletta non solo migliore amica immaginaria, ma anche mio angelo custode. Mi sembrava dovessi averlo, un angelo custode.

Tanti anni dopo, nella mia classe del liceo, c'era un ragazzo con gli occhi chiari e decisamente alto. Era molto bravo a scuola. Quando avevo quattordici anni mi sembrava bastasse avere gli stessi voti per essere destinati a un futuro insieme. E io e Federico avevamo la stessa media. Io ero più brava di lui a matematica e a italiano, lui molto meglio di me a inglese e a chimica. Eravamo i secchioni della classe, si è capito subito, fin dall'inizio del liceo. I suoi occhi chiari mi avevano già conquistata, anche se praticamente non ci parlavamo e mi chiamava per cognome. La scintilla definitiva è scoccata quando ho saputo che era nato il 12 febbraio. Sentendo quella data mi è subito venuta in mente Caori. Federico festeggiava il compleanno lo stesso giorno del mio angelo custode. Se non era destino questo...
Tutto il mio innamoramento, che innamoramento poi non era, dev'essere durato qualche mese, presto mi sono accorta che lui non aveva niente in comune con Caori, pur condividendone il compleanno, così come non aveva niente in comune con me, pur avendo la mia stessa pagella. Quel suo essere taciturno non era sintomo di timidezza, come nel mio caso, ma più di presunzione. Non passava mai niente a nessuno nemmeno sotto tortura, a nessuno, tranne a me. Questo non perché mi volesse particolarmente bene, semplicemente perché potevo tornargli utile anch'io, magari, un giorno. Passava le estati in giro per il mondo,  era sempre sicuro di essere il migliore di tutti, in tutto, era destinato a grandi cose e non ho mai capito se poi alla fine studiare gli piaceva oppure no. Quello che so è che poi un giorno ha smesso di chiamarmi per cognome, addirittura mi chiamava col mio nome e non gallina come chiamava le altre. So che insieme abbiamo fatto giochi matematici e partite di pallavolo. In squadra insieme eravamo pressoché imbattibili, più che altro era imbattibile la squadra dov'era lui, io c'entravo poco. So che la seconda prova della maturità l'abbiamo fatta insieme, passo dopo passo, vicini, attenti a far tornare gli stessi risultati. So che quando facevamo l'ascolto d'inglese eravamo vicini, in ordine alfabetico, e lui mi metteva il foglio con le sue crocette in mezzo. Perché poi, alla fine, ero diventata l'Elisa e non una gallina.
Federico non è mai stato il massimo della simpatia o della socievolezza, certe volte gli avrei menato perché proprio l'umiltà non sapeva dov'era di casa, ma altre volte mi dicevo che dovevo prenderlo come esempio, perché io di umiltà ne avevo anche troppa e facevo copiare sempre troppo, a tutti. Lui questo me lo rimproverava pure.
Ha ascoltato il mio orale alla maturità e mi ha detto che si era preoccupato quando avevo iniziato zoppicando nella mia materia preferita, storia. Pensava che la paura mi avrebbe fregato. Chissà se gli sarebbe anche piaciuto uscire da solo col voto più alto. Forse sì, forse non più. Quello di cinque anni prima sì, avrebbe gioito ad essere ufficialmente il migliore di tutti, ma quello di quel luglio di cinque anni dopo forse no. Quello lì sapeva che ci meritavamo le stesse cose. Almeno questo è quello che mi piace pensare.

Oggi Federico e Caori compiono ventitré anni. Uno è a Roma e magari tra qualche anno sarà incravattato chissà dove, all'estero forse. L'altra chissà. Forse gioca ancora a pallavolo.
Come tanti anni fa oggi, 12 febbraio, è Carnevale. La Veri non si veste più da Sissi e nemmeno io da Cappuccetto Rosso. Tommy è morto, ma c'è Argo, suo figlio, che è un gran giocherellone anche se ormai si avvicina ai dodici anni.
Il prossimo anno nello stesso prato dove giocavamo noi correrà la Giulia e io farò finta di scappare, ma mi lascerò acciuffare e mi farò impiastricciare i capelli di schiuma e mi farò riempire il maglione di coriandoli e rideremo insieme. E io sono sicura che, in mezzo alle risate mie e della Giulia, sentirò l'eco lontano di una risata che adesso posso ascoltare solo riguardando un vecchio filmino di Natale, quando io avevo cinque anni e la Veri tre.
Ogni Carnevale che arriva e che passa ripenso a quei Carnevali lì, a quei coriandoli che restavano impigliati nei fili d'erba per giorni e giorni, alla mamma della Veri che a un certo punto smetteva di toglierseli dai capelli perché noi tanto glieli ritiravamo.
Quando penso a lei mi arrabbio, perché i tre anni di malattia mi hanno fatto vedere un volto che non era il suo. E mi arrabbio perché a volte ho l'impressione che, come temeva Montale, la forbice del tempo abbia reciso il suo viso, quello di quando stava bene, dalla mia mente.
A Carnevale questo non succede.
A Carnevale il suo viso per magia mi compare davanti, sorridente, incorniciato da capelli neri e lunghi.

Forse è perché penso ogni anno a quei Carnevali lì che da un po' di tempo questa festa non mi piace più.
Questo è il primo anno in cui mi sono rimascherata dopo tanto, tanto tempo. E anche se non avrei voluto, in fondo in fondo sono stata anche contenta di averlo dovuto fare.

#Sanremo2013 [prima puntata]

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Forse ci si contagia delle proprie malattie anche a distanza, virtualmente.
Ad esempio in questi ultimi giorni penso che mi abbia colpito lasindrome di scrittrice compulsiva di Giulia. Lei dice di esserne affetta nel suo profilo, in questi ultimi giorni credo di avercela anch'io.
Qualcuno mi fermi.
D'altra parte di cose di cui parlare ce ne sarebbero a milioni in questo febbraio corto e zeppo di avvenimenti. Lasciando perdere la politica e il papa che se ne va (ciao ciao) di che cosa potrò mai parlare? Ovvio, di Sanremo. Perché Sanremo è Sanremo e io lo guardo sempre negli ultimi anni.

Ieri sera ero stravaccata sul divano davanti al fuoco, col mio pigiamone e la coperta di pile addosso, pronta per ridere con la Littizzetto e Crozza e sì, anche per ascoltare le canzoni. 
Degli altri due festival targati Fabio Fazio non avevo grandi ricordi, questo però mi sembra partito col piede giusto, anche se le canzoni ieri sera mi sono piaciute solo in piccola parte.

Mi è piaciuto Daniele Silvestri, poi Marco Mengoni. Simpatizzo per Raphael Gualazzi, nel senso che sono musicalmente un'ignorante e non penso di capire la sua arte, però è talmente dolce che se vincesse sarei davvero felice per lui. Mi fa venire voglia di coccolarlo, così grande e così timido su quel palco. È tenerezza allo stato puro.
Francamente non conoscevo né i Marta sui tubiMaria nazionale. Posso dire che la mia vita non è cambiata dopo che ho saputo della loro esistenza. Chiara, vincitrice di X factor, non mi è sembrata niente di speciale, sarà che ha cantato tardi ed ero mezza addormentata, ma non mi è piaciuta. Anche Simona Molinari e Peter Cincotti non incarnano il mio genere musicale preferito, comunque credo che lei volesse attirare l'attenzione su altro piuttosto che sulla musica. Gli uomini possono sperare di vedere la sua farfallina se continua a (s)vestirsi così.

Banali e scontati i fischi a Crozza. D'altra parte provenivano da gente che era lì solo per fare casino mica per ascoltarlo, se solo l'avessero ascoltato avrebbero capito che il suo era un intervento perfettamente dentro la par condicio. Non è che ha fatto qualcosa di diverso da quello che fa di solito, non è che di solito Bersani non lo prende in giro. Credo che ci sia una differenza sostanziale tra satira e propaganda e Crozza a me sembra che faccia satira in un modo eccellente. A me fa morire dal ridere quando imita Silviontolo e Montezemolo, ma anche quando imita Bersani. Perché non possiamo tutti ridere un attimo? Già è così pesante questa campagna elettorale, stiamo tranquilli su.
Le feste dell'unità non esistono più nemmeno nei paesini, figuriamoci se lo diventa Sanremo.


La Littizzetto mi è piaciuta, anche se spero che sciogliendosi diventi un po' più peperina. Avrei anche voluto una risposta al suo dubbio amletico: perché i Marta sui tubi si chiamano così? E soprattutto, dov'è Marta? Minimo mi aspettavo una donna tra loro. Comunque un buon motivo per rivederli l'ho trovato: il loro violoncellista.

Detto questo, passiamo a un'altra cosa che non ho capito: Toto Cotugno che canta in russo. Ma perché? Ne ho approfittato per andare al bagno.

Sono rimasta un po' delusa dalla mancanza di bacio nell'intervento di Stefano e Federico, che si sposeranno domani a New York perché in Italia non possono farlo. Com'è triste questa situazione.
L'amore non avrebbe bisogno di altri aggettivi ad affiancarlo.
Metto il video che ha spopolato su internet, a me piace di più della scenetta sull'Ariston.
 

Vooolaaareeee oh oh

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Mi piace ascoltare storie così, storie di persone che non avevano niente e poi, grazie a tanto entusiasmo, sono diventate Storia con la esse maiuscola.
Intorno al fuoco, sul divano, c'era tutta la mia famiglia riunita per guardare il film su Domenico Modugno.
Sono immediatamente partite scommesse sulla data della sua morte. Per quella strana ragione del tempo che vola ai miei genitori sembrava che fosse successo ieri, loro sostenevano che Modugno fosse morto dopo Battisti e De Andrè. La cosa mi sembrava un po' strana, perché mentre ricordo più o meno la morte di quei due, di Modugno non ricordo assolutamente niente. Come al solito (!) avevo ragione io. È morto diciannove anni fa, nel 1994.

Se Modugno è passato alla storia ho scoperto che lo dobbiamo a un evidente caso di serendipità. Lui voleva fare l'attore, ma il cinema non lo scritturava, così per caso ha iniziato a cantare, per mantenersi mentre cercava di realizzare il suo sogno, che era proprio un altro. Eppure le cose sono andate così. 
Speriamo che non vinco Sanremo, altrimenti devo cantare per tutta la vita, scriveva così Mimmo in un biglietto lasciato alla moglie, prima del Festival del 1958. Invece poi quel Sanremo lo vinse, con quella canzone troppo moderna che piaceva a pochi, con quella canzone nata così, un po' per caso, dalla penna dell'amico Franco Migliacci che non aveva nemmeno idea di come si potesse scrivere una canzone.
Contro ogni previsione Nel blu dipinto di blu diventerà una canzone famosa in tutto il mondo, Modugno sarà il simbolo di un'Italia nuova e Migliacci diverrà uno dei parolieri più importanti della musica italiana.  

Beppe Fiorello canta davvero bene, i miei genitori dicevano che era molto somigliante a Modugno. Io sinceramente non me lo ricordo per niente. Era un donnaiolo comunque, un pugliese con gli occhi profondi del sud, con la povertà negli occhi e un sogno strano per la gente del suo paese. Trovati un lavoro, mettiti la testa a posto. Quante volte gli è stato ripetuto? Eppure non c'era niente da fare: lui sognava il cinema. Così con pochi soldi in tasca, prestati da un cugino ingegnere, Modugno lascia la Puglia e il suo bel mare e va a Roma. E lì inizia una nuova vita. Lì ci sono altri che vogliono fare gli artisti, come lui. Lì conoscerà Franca, la donna della sua vita, e i suoi amici che lo aiuteranno spesso a scrivere i testi delle sue canzoni. 

Ho amato Meraviglioso, grazie soprattutto all'interpretazione dei Negramaro.
Avevo Nel blu dipinto di blu sul libro di musica delle medie.
Ho canticchiato Vecchio Frack a volte.
Nient'altro. Quello che sapevo di Modugno prima del film era tutto qui, in questi tre brani famosissimi. Oggi so che all'inizio della sua carriera improvvisata ha scritto e cantato in pugliese. Oggi so che esistono tante altre sue canzoni.
Oggi so che ce n'è una su cui dissento completamente.

Mimmo, non sarà mica colpa tua, eh?

Un seme piantato per far crescere un futuro migliore [cit.]*

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Cinque anni fa non avevo ancora diciotto anni, mancavano pochi mesi alla mia maggiore età. Non potevo votare, perciò prendevo i volantini fuori dalla scuola con la bocca un po' storta. Tanto non mi sarebbero serviti, anche ammesso che fossi stata indecisa.
Ho controllato sulla scheda elettorale: la mia prima volta alle urne risale al 6 giugno 2009, in quell'occasione si votava per comunali, europee e provinciali. La mia prima crocetta l'ho data al sindaco che avrei voluto, si trattava di una lista civica antiPD praticamente, una lista che vedeva uniti tutti gli altri partiti. Insomma il mio primo voto è stato frutto di molti dubbi, ero proprio indecisa. Alla fine in un piccolo comune come il mio l'appartenenza politica conta fino a un certo punto, le persone le conosci tutte e puoi votare prima la persona che il partito. Almeno questo è quello che ho pensato quando ho scrocettato un simbolo di sinistra a sostegno di un sindaco centrista. Almeno sarebbe stato uno nuovo, non i soliti che sono lì da quando mi ricordo. Ovviamente il mio primo voto ha perso.
L'anno dopo ho votato per le regionali.
L'anno dopo ancora per il referendum. Quella è stata la votazione che ricordo con più affetto. Mi sembrava che quella vittoria fosse decisiva, pensavo che se si fosse raggiunto il quorum, al governo ci sarebbe stato un terremoto. Quella è stata la volta in cui ho sentito tutta l'importanza della mia crocetta. La volta in cui ho pensato di valere qualcosa anch'io, come ognuno di noi.
Nello scorso dicembre ho votato alle primarie, non c'ero mai andata alle primarie del PD, perché non ho mai sentito il PD come mio partito. Quelle di dicembre però erano primarie di coalizione e candidato c'era anche il mio politico preferito, perciò sono andata anch'io. In quell'occasione ho dato il mio voto più di cuore, perdente anche in quel caso. Il ballottaggio è stata tutta un'altra storia, il voto è diventato di testa, l'obiettivo era votare il meno peggio. Oggi, a distanza di mesi, non sono più tanto sicura che la mia testa in quel momento abbia funzionato.

E domenica finalmente voterò alle politiche. Ah, le politiche sono tutte un'altra cosa. Purtroppo potrò votare solo la scheda rosa, mannagia! Mia sorella mi ha detto: bhè, stai contenta, vuol dire che sei giovane! Quello di domenica sarà di nuovo un voto di cuore, forse si sentirà un po' solo nel mio piccolo seggio, circondato da chi è pronto a votare PD tutta la vita e da chi voterà Grillo per protesta. Pare che in Umbria il Movimento 5 Stelle sia al momento il primo partito, questo è quello che dicono i sondaggi e questo è quello che si percepisce al bar o per strada: gli ex berlusconiani non hanno niente di meglio di Grillo, dicono così. E per protesta lo votano.
Io non lo capisco il voto di protesta.

Credo che il momento del voto sia l'unico momento in cui siamo davvero tutti uguali, l'unico istante in cui ognuno di noi vale uno, a prescindere da qualsiasi altra cosa. E quindi penso che non dovremmo sprecare l'unica occasione che abbiamo per essere tutti uguali, per sommare le nostre unità e costruire qualcosa di più grande, qualcosa che ci rappresenti, qualcosa che possa migliorarci.
Il discorso che ha fatto Bisio a Sanremo lo trovo vero: forse quei politici che abbiamo sono quelli che ci meritiamo noi italiani. Forse per un Silviontolo lì, in bella vista, ce ne sono migliaia tra noi, nel popolo, pronti a guardare solo al proprio orticello senza preoccuparsi degli altri. E quanti Grilli parlanti ci sono tra noi? Quanti sono pronti a mandare tutto all'aria, a parole, perché tanto sono tutti uguali? Quanti aprono bocca a casaccio solo perché godono nel sentirsi osannati, quanti si limitano a dire solo quello che gli altri vogliono sentirsi dire? Quanti evitano le domande e i confronti e rimangono chiusi a riccio dietro le loro grida? E chissà quanti Bersani ci sono, chissà quanti indecisi, chissà quanti incoerenti. Chissà quanti un giorno tendono la mano all'uno e poi all'altro senza il minimo di logica? Così, solo per provare ad andare d'accordo con tutti, tanto per provare a mettere tutti insieme in un'ammucchiata che non ha nessun punto d'incontro.

Voterò Sel perché voglio una sinistra di governo e penso che se il partito di Nichi Vendola riuscisse a prendere una buona percentuale di voti avrebbe più peso e sarebbe più in grado di spostare l'asse di governo a sinistra. Il PD da sé tenderebbe più al centro e quindi serve un contrappeso. Il mio è un voto di cuore, un voto che so che implicherà dei compromessi poi, se vinceremo, ma so che implicherà anche il governo e credo che le esperienze delle sinistre falce e martello del passato recente facciano capire che con loro può anche bastare così. Che non serve a niente barricarsi dietro belle idee ed essere sempre contro a qualsiasi cosa, se poi non si è mai in grado di decidere. Se poi non si arriva mai al luogo dove si decide. La sinistra deve andare al governo e Vendola ce la porterà. Forse farà scelte che non condividerò, forse accetterà cose che mi faranno storcere il naso, ma in fondo immagino che per governare insieme bisogna scendere a patti. Anche la nostra Costituzione è nata da un grande compromesso.
Io mi fido del mio voto.
Nichi Vendola è la politica come dev'essere per me. Vorrei tanto che avesse l'occasione per dimostrare che quello che ha fatto in Puglia può farlo anche in tutta Italia. La sua politica mi fa sognare e questo è abbastanza per farmi andare a votare convinta tra due giorni. Il mio non sarà un voto a caso, non sarà un voto dato al meno peggio. Il mio sarà un voto dato a un sogno.

Il mese di febbraio c'ha già regalato due eventi che prima si pensava fossero impossibili:
1. Il Papa si è dimessso.
2. Il Milan ha vinto col Barcellona.
Visto che non c'è due senza tre direi che si possa realizzare anche una terza cosa impossibile:
3. Bersani che diventa presidente del governo.

Incrociamo le dita e andiamo a votare. Bene però eh!

*citazione di Nichi Vendola

Lo tsunami e il giaguaro

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Sono completamente senza parole.
Oggi alla prima proiezione dei risultati al Senato quasi svenivo. Ho resistito solo perché stavo ballando con la Giulia in braccio sulle note di 44 gatti.
È proprio vero che il problema non sono i politici, ma gli italiani normali, noi. Non dobbiamo cambiare solo i politici, dobbiamo cambiare proprio la testa degli elettori. Cavolo, sembrava che nessuno votasse Berlusconi. E invece è sempre lì. Siamo tutti sempre pronti a svenderci per due lire. Che tristezza.
E poi Grillo. E i grillini. Vista la percentuale spero vivamente di potermi ricredere su questo Movimento 5 Stelle, chissà. Devo essere sincera: sono curiosa di vedere che cosa faranno in Parlamento questi ragazzi che all'apparenza sono come me. Hanno la mia faccia pulita. Sono poco più grandi di me. Spero tantissimo, a questo punto, che siano in completa buona fede, che credano nelle istituzione, che le rispettino e che rispettino il pluralismo e il confronto, al contrario del loro leader. Del Movimento 5 Stelle conosco solo Grillo e Pizzarotti che mi pare abbia disatteso un po' il programma con cui è stato eletto sindaco di Parma. Voglio sperare che questi ragazzi sconosciuti siano meglio, molto meglio del loro leader. A questo punto voglio sperare che mi sia completamente sbagliata sul movimento di Grillo. Almeno sarebbe un male minore questo risultato clamoroso, come direbbe Mentana.
Risultato che comunque fa un male cane.
Che cosa succederà?
Quando riandremo a votare? A settembre? Ad aprile? E come ci andiamo?
Stavolta almeno non saremo lepri. Le lepri fanno sempre una brutta fine nelle favole. Forse Bersani era troppo preso a smacchiare il giaguaro per ricordarsi di quelle fiabe che sicuramente ha sentito e raccontato. Forse si è dimenticato che la lepre convinta di arrivare prima della tartaruga si è appisolata un po' troppo per strada e alla fine il traguardo non l'ha tagliato. Forse oggi è troppo facile dire se ci fosse stato Renzi non sarebbe successo. Io l'ho ripetuto 75427342 volte nell'ultimo mese che mi sono pentita di non aver votato lui al ballottaggio delle primarie, il giovane Matteo Renzi non si sarebbe appisolato per strada. Ormai però è andata così, ringrazio il cielo che non ci sia stato solo un voto di scarto tra loro altrimenti non dormirei tranquilla.
Immagino che se ci fosse stato Renzi adesso starei qui a lamentarmi per qualcos'altro. Probabile. La storia non si fa con i se. La cosa che mi è piaciuta davvero di Renzi è stato il suo discorso dopo la vittoria alle primarie di Bersani. Renzi l'ha detto: abbiamo perso. E sto aspettando che lo dica anche Bersani oggi o domani mattina. Non mi aspetto che lo faccia però. Quello che mi aspetto è che parli ancora di responsabilità e quello che non vorrei nella maniera più assoluta è quello che stanno disegnando come possibile gli esperti di Piazza pulita. Che abbracci il giaguaro, quel giaguaro che non è riuscito a smacchiare. Questo no, per favore. Sarebbe più di quello che posso sopportare. Il PD non mi è mai piaciuto, Bersani non l'ho mai trovato un buon leader e quello che mi aspetto è che si dimetta, presto. Ha perso e deve dirlo. Deve dire che ha sbagliato perché non è solo merito degli altri, è anche per demerito suo e del suo partito se siamo di nuovo a questo punto. E che non gli venisse in mente di corteggiare in qualsiasi modo Berlusconi. Questo sarebbe il modo più giusto per regalare a Grillo un 100% dei voti, la prossima volta.
Mi fa pure un po' tenerezza Bersani, perché in fondo come persona mi sta simpatico. È buono, rassicurante, tranquillo, ma non è un leader e questo l'ho sempre detto e sostenuto. Sono stata incoerente al ballottaggio delle primarie, ma ho solo provato a vedere dove c'erano più somiglianze con quello che pensavo. La prossima volta cambio, giuro.

È quasi mezzanotte. Questa giornata sta finendo, credo che non dormirò fino a quando non saprò chi la spunterà alla camera. È veramente triste questa situazione. E il problema non è Grillo. Da un certo punto di vista penso che lui sia stato molto intelligente e penso che tutti i partiti avrebbero dovuto prendere esempio da lui in certe cose, nell'andare nelle piazze per esempio. Bersani ha chiuso la campagna elettorale in un modo tristissimo, sembrava una morte annunciata, altroché il comizio del vincitore sicuro.
Abbiamo sbagliato e abbiamo perso. Ammetterlo sarebbe il primo passo per cercare di rattoppare quel che è rattoppabile. Io più drasticamente il PD lo cancellerei dalle fondamenta. È un partito senza una linea e senza un'anima. Dove sta? Al centro o a sinistra? Non si sa. L'unica cosa che Bersani ha fatto in questa campagna elettorale, a parte chiudersi nei teatri, è stata oscillare continuamente tra Vendola e Monti.

Che delusione anche la percentuale di Sinistra e libertà. Trovo davvero sconvolgente l'idea che persone di sinistra non abbiano votato né Vendola né Ingroia, ma Grillo. Ripeto che, a questo punto, sarei felicissima di potermi ricredere e di poter dire ooops, non avevo capito niente. Siamo troppo senza senso a sinistra, troppo legati ognuno al suo simbolo. Possibile che non si possa trovare un accordo per stare tutti insieme piuttosto che spezzettarsi in percentuali ininfluenti che magari, messe insieme, sarebbero decisive?

Basta. Non avevo parole e adesso non mi azzitterei più.
Sono arrabbiata. Triste.
Non per colpa dei politici. Sono gli italiani che sono ogni volta la stessa delusione. Stavolta ci credevo davvero. Potevamo non vincere al senato, ma perdere così è stato davvero incredibile. Solo il centrosinistra poteva riuscire nell'impresa di mangiarsi tutto il vantaggio che aveva. Altroché smacchiare il giaguaro. Il giaguaro, a Bersani, se l'è pappato.

Un uomo perbene

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Caro Pierluigi, quando l'altro giorno ti ho visto sul palco con quella faccia bianca cadaverica ho temuto che tu potessi scoppiare a piangere da un momento all'altro. Non importa se le lacrime non sono uscite, l'ho visto che stavi piangendo lo stesso. E anch'io, davanti la tv, stavo piangendo senza lacrime con te. In quel momento mi sono tanto pentita di aver parlato male di te negli ultimi mesi, anche se poi, in fondo, un po' di ragione ce l'avevo. Hai gli occhi buoni e una bella storia alle spalle: figlio di una famiglia normale potevi diventare il Presidente del Consiglio di un governo importante. E forse puoi ancora esserlo, il primo ministro, ma non so quanto l'eventuale governo sarà importante a questo punto.
La campagna elettorale è finita. Dimentichiamo quello che è stato e ricominciamo. Ti chiedo scusa per gli insulti, ma sai com'è, un leader si assume tante responsabilità. Si prende i meriti, se vince, e gli insulti, se perde o si mangia un vantaggio di proporzioni cosmiche. Anche se poi non sarà mai tutto merito, o colpa, sua. Ma tu questo lo sai e lo sapevi quando hai deciso di fare il politico.
Ci pensavo martedì, mentre guardavo la tua faccia sconvolta. Dev'essere difficile, per un uomo perbene, fare il politico. Se tu sei un urlatore e non te ne frega niente di niente non hai problemi, ma se sei uno taciturno, in punta di piedi, che non insulta mai nemmeno chi gli insulti se li meriterebbe, allora secondo me passi notti insonni a rigirarti nel letto tra punti interrogativi e incubi.
Scusami Pierluigi, per aver invocato Renzi. Magari Renzi non l'avrei nemmeno votato.

Essendo tu il leader di una coalizione di sinistra devi capire tante cose dal modo in cui hanno votato gli italiani. Vista la tua faccia l'altro giorno su quel palco credo che tu autocritica l'abbia già fatta. 
Devi sapere che negli ultimi due giorni sono diventata una bersaniana convinta, io che non lo sono mai stata. Ti prego, Pierluigi, non cambiare di un millimetro la tua linea. Non ascoltare quello scemo di quel laureato alla Normale di Pisa coi baffetti che non ha capito niente di quello che vogliono gli elettori della sua coalizione. Non ascoltarlo, Pierluigi. Tu non sei come lui, non sei un paraculo dalemiano. Sei un ottimo mozzo della tua nave, come capitano hai lasciato un po' a desiderare, ma ora basta rivangare il passato e perdersi in chiacchiere insignificanti sul cosa sarebbe stato se. Dopo la batosta stai facendo bene. Non schiodarti da quella posizione. Sono un'ottimista di natura Pierluigi, quindi penso che la fiducia dei grillini, in qualche modo, ce l'avrai. Conviene a entrambi, no? Tu dimostri di aver capito il messaggio e loro dimostrano di saper anche costruire oltre che distruggere. 
Sai, ieri parlavo con un elettore di Berlusconi (uno che ha ammesso di averlo votato), non gli è piaciuto il tuo discorso e la porta chiusa in faccia al suo partito. A me invece è piaciuta, anzi, sbattila più forte la prossima volta. Ti ho votato io e devi accontentare me, non gli altri. Quindi continua così.
Quello che fa il capitano di una nave è prendersi gli onori e anche gli oneri quando le cose non vanno bene. A me sembra che tu l'abbia fatto. A me sembra che la faccia su questa vittoria mancata, su questa mezza sconfitta, tu ce l'abbia messa nel modo in cui mi aspettavo. Lunedì ero furibonda e se ti avessi avuto tra le mani ti avrei strozzato. Guardavo le proiezioni e pensavo che dovevi dimetterti. Adesso non ne sono più tanto convinta. Hai fatto bene a restare. Se fossi andato via saresti stato un vigliacco, invece sei restato a bordo e hai dettato una linea che condivido. E che mi auguro si realizzi. 
La faccia del futuro del PD che vorrei.
Dimentica i D'Alema, dimentica tutti i Veltroni. Tieniti stretti i giovani del tuo partito, sono loro il futuro, siamo noi. 
E se ci tieni al futuro del centrosinistra e del tuo partito, e lo so che ci tieni, molla i vecchi del partito e le loro teorie suicide e ascolta le nuove leve.
Guarda che se ti comporti bene faccio finta di dimenticare che potevamo essere già tranquillamente seduti al Governo se solo ci fossimo svegliati prima. 
Pierluigi, uomo perbene con gli occhi buoni, puoi ancora fare qualcosa di importante o almeno di sensato per me che sono, indirettamente, una tua elettrice. Forza eh! 

p.s. questa lettera l'ho scritta oggi all'ora di pranzo. Qualche ora fa mi sentivo molto più ottimista. Adesso insomma. Ho la massima fiducia negli eletti del M5S solo che non li conosco, parla sempre il loro capo. Nelle ultime ore si è messo anche a leccare il culo a Napolitano, scusate ma quando ci vuole ci vuole. Ma che pretende? Di andare da solo al governo anche se non ha vinto e non è nemmeno arrivato primo? Più passa il tempo e più non ci capisco niente. La mia domanda è: sono in grado, i grillini eletti, di ragionare con la loro testa o sono solo capaci di accettare a capo chino le decisioni del loro dux dai capelli bianchi? Tra dieci giorni lo scopriremo.

E quindi ecco marzo.

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Da febbraio mi aspettavo soprattutto due cose:
1) la neve;
2) un governo (di mio gradimento).
C'è bisogno di dire che non ho avuto né l'una né l'altro?
Oh, certo, si è dimesso il Papa. Personalmente non ne sento la mancanza e poi tempo due settimane e al posto di Ratzinger ci sarà un suo degno successore. Al Vaticano hanno una legge elettorale migliore di quella italiana.
Oh, certo, c'è stato Sanremo. Bello Sanremo quest'anno, davvero.
Sono caduti anche i meteoriti sulla Terra a febbraio.
Insomma, io avevo chiesto due cose normali a questo febbraietto e invece niente, mi ha portato solo cose strane, nemmeno richieste.

E quindi ecco marzo. Marzo pazzerello, c'è il sole ma porta l'ombrello.
Marzo con San Giuseppe, con la festa del babbo e con quei fiorellini rosa che riempono i miei prati.
Marzo delle giornate che si allungano e tu puoi passeggiare anche alle sei.
Marzo con la neve stupida, tutta acquosa, inutile. Si sa che la neve marzolina dura dalla sera alla mattina.
Marzo che profuma di primavera, di fiori, di rinascita, di sole.
Giornate da vivere senza giacchetti, giornate in cui poter uscire solo con una felpa.

«Un buon mese, marzo, con febbraio che vola via dalla porta sul retro e la primavera che aspetta a quella principale. Un buon mese per un cambiamento».
da Chocolat, Joanne Harris

Ieri ad esempio è stata una bellissima prima domenica di marzo.
C'era un sole pieno, un caldo strano a cui non eravamo più abituati. Così siamo stati fuori, seduti su una panchina al sole. Al calduccio. La Silvietta con una bellissima treccia, Lorenzo con le stampelle e il suo piede violaceo, Matteo che saltellava e mi sbaciucchiava, la Maddy che dormiva e faceva mille smorfie, la Giulia che invece guardando il palo della luce esclamava tutta la sua meraviglia: beeeeee. Bello. È tutto un beeeee in questo periodo. Tutto bello. Come lei, come noi che siamo una di quelle famiglie che forse non esistono più. Una di quelle famiglie numerose, piene zeppe di storie, di risate, di momenti brutti. Una famiglia che a volte mi fa sbuffare e dire: cavolo, perché proprio a me? A volte l'amore di una famiglia può sembrare opprimente, poi però passa. E resta solo l'amore. Mio zio ha fatto da padrino al mio babbo per la sua cresima; il mio babbo ha battezzato Matteo (il figlio del figlio di quello zio); io, quando i genitori di Matteo si sono sposati, ero piccina e facevo la pagetta. È tutto un intreccio insomma, un vortice di amore e di cose in comune che a volte sì, mi fanno mancare l'aria. Ma solo a volte. Per il resto è bello sapere che esiste qualcuno che mi conosce fin da quando ero piccola così, qualcuno che si ricorda i miei pianti per lavare i capelli, qualcuno che mi chiama ancora mezzo dispetto, qualcuno che mi ha visto spegnere le candeline ogni anno e che ogni anno c'è stato, semplicemente, ogni giorno. Nei momenti più belli e nei momenti più brutti. Una famiglia è questo, no? Un porto sicuro in cui tornare, che anche se litighi e urli, anche se ti chiudi in camera e piangi, lo sai che ti vogliono bene.
Dopo un'ora passata sulla panchina al sole abbiamo fatto due passaggi a pallavolo, con un pallone rosa sgonfio. A marzo i palloni sono sempre sgonfi. Li metti via ad agosto che rimbalzano che è una bellezza e li ritiri fuori a primavera che se fai bagher una volta le braccia diventano rosse all'istante.
Quando ancora fuori c'era un bel sole Matteo ci ha abbandonato perché aveva assolutamente voglia di vedere Il re leone. Dopo un po' siamo rientrati tutti in casa, mi sono seduta accanto al mio cuginetto quasi dodicenne, che quando è comparso Scar mi ha detto: Lo sai che Scar si chiama Scar perché ha una cicatrice e in inglese cicatrice si dice scar? No, non lo sapevo. Certo che è cattivo eh, amico delle iene... - momento di silenzio - ...peggio di Grillo! Mi sono girata con una faccia sorpresa verso di lui, non l'avevo mai sentito parlare di politica prima. Ha iniziato a ridere a più non posso e tutti noi con lui. Bhè - mi ha detto - non ho sentito altro in questi giorni! Sono un politico anch'io. 
Ho deciso: a settembre (o ad aprile) lo voto, il mio Matteo. Ma che bello che è!

Potenzialmente potrei aspettarmi ancora da marzo le stesse due cose che mi aspettavo a febbraio, ma:
1) la neve di marzo è brutta;
2) a un governo di mio gradimento non ci credo più a questo punto.
Certo è che avremo un nuovo Papa e un Grillo straparlante.
E magari scopriremo nuovi Scar, proprio lì dove pensavamo fossero tanti Simba.

Non sono una femminista

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La conoscete Vagina? Lo conoscete il suo blog, Memorie di una vagina? Io l'ho scoperto un po' di tempo fa ormai, da quando è entrato nella cerchia dei blog che mi piace leggere non mi perdo nemmeno un post. Ci trovo dentro sempre tanta ironia e profondità, è tutto molto vero, tutto molto diretto. Vagina parla di noi vagine, ma non lo fa proclamando le sue verità dall'alto di una cattedra, scrive come se parlasse in un bar. Diretta, vera, sincera. Per questo mi piace.
Tempo fa, leggendo un suo post, ho trovato nero su bianco, detto molto meglio di come saprei dirlo io, quello che penso del femminismo e di tutta questa lotta tra uomini e donne, del tutto insensata per i miei gusti. Ecco i pensieri di Vagina che copio e incollo qui:
Spesso mi hanno chiesto se fossi femminista. Io ho sempre risposto di no. Anzi, le femministe mi stanno pure parecchio sulle palle, che se si facevano i cazzi loro magari a quest’ora passavo la giornata a infornare dolcetti senza alcuna pretesa, invece che fare la pezzente in carriera a Milano, e magari ero più felice. Loro si son beccate la minigonna e la libertà di darla in giro con meno sensi di colpa, noi ci siamo puppate la ceretta brasiliana e l’implosione della virilità in una bolla di proto-maschi, terrorizzati dalle donne cosiddette emancipate. Evolutesi dalla condizione di angeli del focolare, infatti, le nostre post-femministe – sotto una spossante e costante sollecitazione alla perfezione personale e sociale – si trasformano in flagelli del demonio: incazzate, nevrotiche, acide, impegnatissime, ciniche, stronzamente complicate e, nei casi migliori, sole, con una sindrome premestruale che arriva a durare 20 giorni al mese e che può essere sfogata al massimo piangendo per i giudizi di CarloCracco a Masterchef. [...]
Non sono femminista. O forse lo sono senza accorgermene, per un habitus culturale che ho. Forse lo sono nell'unico senso in cui si possa esserlo oggi: senza delirio e senza entusiasmo, perché noi abbiamo visto la spinta propulsiva dell'ideologia ritrarsi, e ora c’è la risacca, che è quel naturale scarto che c’è sempre tra la teoria e la pratica. Qualunque sia la teoria, qualunque sia la pratica. Quindi no, io non sono una femminista nel senso tradizionale del termine, io non credo che siamo migliori degli uomini, e neanche che siamo peggiori. Credo anzi che siamo diversi e che questa diversità dovremmo custodirla invece che pensare velleitariamente di appiattirla sotto una parità che non sarà mai concreta e che non ci fa nemmeno davvero gioco. Io non sono una femminista, ma rispetto la femminilità. La amo e ci tengo che sia amata. Mi sforzo per comprenderla e ci tengo che sia compresa. La critico perché voglio migliorarla. Rispetto così tanto la femminilità da poter parlare di “vagina” senza offendere nessuna donna intelligente.
Ecco qui le parole di Vagina. Mi piace che sia così la mia amaca in questo 8 marzo. Non andrò a festeggiare da nessuna parte stasera, come l'8 marzo di ogni anno. Questa festa non mi rappresenta, non la sento. Certo non è che se qualcuno domani si presenterà con un ramoscello di mimosa glielo sbatterò in faccia, certo che no, se succederà ringrazierò gentilmente, poi metterò il ramoscello in un vasetto sopra il focolare, dove resterà finché non diventerà marrone.

Comunque a me piace essere donna. Non solo oggi, mi piace sempre: mi piace cucinare, so farlo più o meno bene, sono una buona donna di casa. Ecco insomma, forse sono un po' all'antica e forse il mio problema con gli uomini è questo: che ne voglio uno che sia uomo tanto quanto sono donna io. Proprio oggi ascoltavo una canzone di Guccini, Per fare un uomo, canzone che a un certo punto dice per fare un uomo ci voglion vent'anni, per fare un bimbo un'ora d'amore. Vent'anni per fare un uomo? Oggi, nel 2013, ce ne vogliono 35 se va bene. E no, non va assolutamente bene. Sono troppi. Per i miei gusti almeno.
Io non voglio le quote rosa, non voglio la parità, ci tengo a una distinzione dei ruoli, mi piace che io cucino e lui spacca la legna per il fuoco. Devo solo trovare uno che spacca la legna per il fuoco.#missionimpossible

In uno degli ultimi libri che ho letto, Norwegian Wood (bellissimo), Midori, una delle protagoniste, a un certo punto dice una frase che è molto adatta a me:

Se mi devo definire, sono una stupida ragazza all'antica. Non mi importa proprio niente di «sistemi» e «responsabilità». A me basterebbe sposarmi, dormire ogni notte tra le braccia dell'uomo che amo, avere dei bambini. Fine. Questo è tutto quello che desidero.
da Norwegian Wood, Murakami Haruki 

Tutto qui. Sono una stupida ragazza all'antica anch'io, senza manie di grandezza, senza sogni di carriere chissà dove, senza un antipatico lavoro in tailleur.

p.s. comunque poiché la mia filosofia di vita è: ogni scusa è buona per fare (e mangiare) un dolce, per domani ho preparato la mia solita torta mimosa.

Di nome Francesco

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C'è stato un tempo in cui la sera dicevo le mie preghierine. 
C'è stato un tempo in cui c'era un prete che era pazzo di me, e anch'io di lui. Aveva gli occhi buoni e mi diceva tante cose belle. In cambio io gli facevo anche i disegni quando veniva a benedire casa per Pasqua.
Una volta è andato a fare un viaggio a Gerusalemme e da lì mi ha portato un rosario di legno, quando me l'ha regalato mi è spuntato un sorrisone. Ce l'ho ancora, in un cassetto del comodino. Sempre nello stesso cassetto c'è un libricino che mi ha regalato una mia zia tanti anni fa, è su San Francesco.
C'è stato un tempo in cui litigavo con la mia mamma quando sosteneva che il protettore degli animali fosse Sant'Antonio. Chiaro che no! Chi, se non San Francesco, può essere il santo degli animali?
Ora, io sinceramente non lo so chi avesse ragione tra noi (probabilmente lei, è più esperta di me in queste cose), non so chi sia il santo degli animali, ma so qual era il mio: San Francesco. Se i santi si tifassero come le squadre di calcio, sarei stata una sua ultrà. 
Forse lo sarei ancora. Anzi, togliamolo questo condizionale. San Francesco mi piace. Indicativo presente.
Sarà che ha camminato per i miei posti, sarà che ha amato gli animali, sarà che si è spogliato di tutti i suoi beni, sarà che si è fatto portavoce di una chiesa povera, ma San Francesco nel mio immaginario è una specie di hippie, un inascoltato rivoluzionario. Per questo mi piace. 
Non so se sarà mai possibile costruire una chiesa francescana, probabilmente no, ormai siamo proprio troppo oltre ogni limite, quello che voglio dire è semplicemente che secondo me Bergoglio ha scelto il nome più bello che poteva scegliere. Ai miei occhi ha guadagnato dieci punti, ora vediamo chi è, che cosa ha fatto finora, che cosa farà.
E vediamo se sarà Francesco anche nei fatti e non solo nel nome.

Il mio rapporto con la chiesa ha attualmente raggiunto i minimi storici. È probabile che Giovanni Paolo II resti nei secoli dei secoli il mio unico Papa, l'unico che ho sentito davvero mio, forse solo perché ero più piccola e ingenua. 
Ho aperto, qui accanto alla tastiera, il mio diario del 2005. Tra una lettera mai consegnata, scritta su un foglio del raccoglitore di matematica, e un foglio azzurro con sopra attaccate foto di Francesco e Antonino di Amici, c'è il 19 aprile. Quel pomeriggio ho visto la prima fumata bianca della mia vita
Mi avevano sempre detto che quando moriva il papa non si andava a scuola, che si stava a casa in segno di lutto. Invece niente. Giovanni Paolo II è morto e il giorno dei suoi funerali ci hanno portato alla messa. All'epoca non ce l'avevo con la chiesa, facevo ancora il primo liceo e di quel papa polacco sentivo già, sinceramente, la mancanza. Per questo quella messa mi ha anche emozionato. I rappresentanti d'istituto distribuivano foglietti colorati con le parole di Giovanni Paolo II indirizzate a noi giovani. Il mio foglietto, rosa, è attaccato con lo scotch qualche pagina prima del 19 aprile, giorno della prima fumata bianca della mia vita appunto. Ecco che cosa scrivevoÈ stato eletto il nuovo Papa!!! Si chiama Joseph Ratzinger, è tedesco ed era uno dei maggiori collaboratori dell'ormai ex-papa. Speriamo che sia in gamba, che continui sulla strada di Giovanni Paolo II. Il suo nome papale è Benedetto XVI. Un po' il Papa mi mancava, ora ce n'è uno nuovo. Al Vaticano c'era una folla felice, la stessa folla che due settimane fa piangeva il Grande Papa. Da una parte ciò non è mica giusto. W Papa Benebedetto XVI
In otto anni il mio entusiasmo per Benedetto e per la chiesa tutta è drasticamente diminuito. Si nota per caso?
Non credo tornerà mai più un tempo in cui pregherò la sera.
Quel prete dagli occhi buoni a cui regalavo i miei disegni mi vuole ancora bene però e io ne voglio a lui, sinceramente. 
Non so se è possibile una mia parziale riconciliazione con la chiesa. So che l'unica chiesa che voglio e che posso sopportare è quella di San Francesco. Altre non dovrebbero esistere. San Francesco è ancora il mio rivoluzionario. Forse è per colpa sua se trovo sempre qualcosa di bello in ogni Francesco che incontro. 
Da Papa Francesco I non mi aspetto aperture ai matrimoni gay, come non mi aspetto che spontaneamente dica che pagherà l'Imu. Queste son cose che mi aspetto dal mio Stato, quando avrà un governo. 
Da Papa Francesco vorrei un Vaticano che si facesse gli affari suoi, che non si impicciasse di chi abbiamo al governo, dei crocifissi nelle scuole, di che cosa votare ai referendum. 
Vorrei una chiesa meno ipocrita e meno ricca.
Vorrei che i preti potessero sposarsi.
Vorrei che i preservativi non venissero considerati peccati mortali contro dio.
Vorrei che fosse eliminato quel latino che non capisce più nessuno. 

Quando parlo di chiesa parlo di potere e di influenza sulle persone, non di fede. Per come la vedo io ormai fede e chiesa sono due cose che camminano su binari paralleli. L'alta gerarchia ecclesiastica temo abbia dimenticato i valori del Vangelo. Paradossalmente forse ci credo più io, che dico di non crederci in dio, di loro. 
Insomma, il papato di Francesco I non può che farmi riavvicinare in qualche modo alla sua chiesa, più lontano di così è difficile che possa andare. Non so niente di lui. Guardando la fumata bianca non ho provato la stessa emozione di otto anni fa, ero solo curiosa di vedere che faccia aveva il nuovo papa. Non posso dire che non me ne frega niente, il papa è una figura purtroppo troppo importante e influente per fregarsene. 
In queste ore mi sono lasciata contagiare dall'entusiasmo per questo nome dal messaggio bellissimo che nessuno si era mai dato finora. FrancescoMi aspetto che in qualche modo ora lo onori. 

In otto anni ho perso la fede per strada, papa Francesco al momento non è il mio capo spirituale, quindi potrei benissimo continuare a stare zitta come ho fatto finora con le dimissioni di Benedetto. Eppure, nonostante io abbia lasciato la mia fede appigliata a qualche dolore e ingiustizia passata, credo che l'elezione di un nuovo papa riguardi anche me, perché la chiesa è solo in minima parte fede e spiritualità, per tutto il resto è politica e potere.
Non potrebbe che farmi piacere una chiesa migliore di quella di oggi. E se il nuovo papa agirà seguendo davvero San Francesco credo che qualcosa di buono ne uscirà fuori.
Abitando in Umbria ho visto tante chiese francescane, nella mia regione e anche in Toscana, luoghi dove si racconta che San Francesco sia passato, luoghi che in molti casi mantengono una certa povertà negli arredamenti, cosa che non è vera ad Assisi. Oltre alla famosissima basilica ci sono tante chiesette sconosciute più in linea con il pensiero francescano. In una di queste, in Toscana, c'era una scritta che mi sembra adatta a oggi. Diceva così: se credi prega, se non credi ammira, se sei sciocco scrivi sui muri.
Morale di questo lungo discorso: Bergoglio si è scelto il nome che mi sarei data anch'io fossi stata al suo posto, ma un Francesco, di per sé, non fa primavera. Non prego e non scrivo sui muri, però posso sempre osservare.

Sogno un'Italia che sia laica, ma temo che il giorno in cui potremo dire di vivere in un vero Stato laico sia ancora lontano anni luce per noi. Forse non avremo mai nemmeno l'occasione per dirlo in questa vita.

C'è

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C'è che marzo è un mese che mi resta sempre sullo stomaco.
È ufficiale.
Se penso al marzo dell'anno scorso la prima cosa che mi viene in mente è un brutto ricordo, poi arrivano anche le passeggiate primaverili intorno al campo sportivo, con la Dany col pancione e Jacopo che allenava i pulcini della squadra del paese. Era caldo il marzo di un anno fa.
Quest'anno invece è freddo. Siamo tutti ancora avvolti nelle nostre sciarpe, non abbiamo ancora tirato fuori nessuna maglietta leggera.
C'è che la primavera non è ancora arrivata e quest'anno la vorrei, ma proprio tanto.
C'è che non scrivo da una settimana e non scrivo perché è un periodo piuttosto triste e non voglio riempire di tristezze la mia amaca, la mia amaca è un momento per pensare ad altro. Eppure ci sono dei giorni in cui quell'altro di cui vorrei parlare non mi viene in mente. Potrei scrivere della piccola Giulia, di quanto sia bello stare con lei, insegnarle a camminare. Di quanto mi fa ridere quando si arrabbia e pronuncia suoni strani tipo rrrrrrrrrrrrrr. Lei è una cosa bella, la più bella. Potrei anche scrivere di quella torta pan di stelle che ho fatto per la festa del babbo, era una squisitezza! La realtà però è che nonostante io mi impegni a cercare #3cosebelle ogni giorno, questo periodo fa schifo. Senza mezzi termini, senza se e senza ma.
C'è che a un certo punto le cose brutte dovrei imparare ad affrontarle, ma non ce la faccio. Mi chiudo a riccio ed è tutto un gran rosicchiamento interiore. E poi penso penso penso e vorrei solo staccare la spina un attimo e dire: ok, adesso respira. Un attimo. Il meglio deve ancora venire, come dice sempre Serena. Ne sono sicura, che il meglio arriverà, ma prima ci sarà di nuovo un fondo da toccare. Il meglio arriverà, prima però ci sarà il peggio.
C'è che il marzo di quest'anno è questo: la consapevolezza che brutti mesi arriveranno nella mia famiglia e l'Elena che se ne va in Moldavia al funerale della sua mamma, morta all'improvviso a chilometri e chilometri di distanza dalla sua figlia mezzana. L'ho saputo proprio oggi, la notizia è stata la ciliegina sulla torta di questo mese che vorrei fosse stato scritto a matita. Invece no. Il tempo è sempre scritto con un pennarello indelebile, non lo cancella niente, lo scoloriscono solo le lancette che continuano a girare. All'Elena voglio un bene dell'anima, lei che ha solo tre anni più di me e una bimba che a gennaio ha compiuto un anno. Non ho la più pallida idea di quello che le dirò quando la rivedrò. Non so mai che cosa dire in queste situazioni. Spero solo che la sua bimba le possa dare una spinta per farla tornare a sorridere.

L'altro di cui scrivere oggi me l'ha regalato la mia amica Marta. Ha pensato alla mia amaca per un premio, questo:
Ricevere il premio implica rispondere a undici domande, eccole insieme alle mie risposte.

  • Perché aprire un blog? Quando ho aperto il blog degli Scarabocchi, ormai quasi due anni fa, non sapevo bene nemmeno io perché stavo iniziando quest'avventura. Quando invece ho aperto l'amaca invece sì: voglia di raccontarmi a persone che gli scarabocchi mi avevano fatto conoscere, persone che oggi considero vere e proprie amiche. Aprire un blog serve per ragionare sulle cose, per conoscere belle persone,  capaci di esprimere pensieri in un modo in cui noi stessi non sapremmo fare. Persone che, se hanno loro stesse un blog, sanno quanto sono importanti le parole e non le calpestano mai.
  • Cosa pensi della blogosfera e della realtà virtuale? L'esperienza che ho avuto io fino a questo momento è assolutamente positiva. Ci sono stati un paio d'esempi che avrei voluto leggere di più, ma che hanno preferito lasciar perdere tutto, ma sono più gli esempi di persone che sono rimaste e che ci sono ogni giorno. Persone che poi sono diventate davvero amiche. Penso che la realtà virtuale sia pericolosa, a volte ho visto tanta cattiveria, sono sicura che è pieno così di persone che passano il tempo insultando gratuitamente la gente, ma io, per fortuna, ho costruito rapporti con persone perbene e tranquille come me. Ormai sono mesi, anni, che ci scriviamo e penso che a un certo punto il confine tra realtà virtuale e non si confonde, accade quando persone che non hai mai visto dal vivo si materializzino nei tuoi pensieri facendoti spuntare un sorriso. Ecco, tutto questo non l'avrei mai pensato possibile grazie a un blog. Invece succede.
  • Perché hai deciso di scrivere recensioni? Per non dimenticare le storie che leggo, sono una smemorata. E comunque io non le definirei recensioni, solo scarabocchi. 
  • Cos'ha il tuo blog di diverso dagli altri? È il mio e io sono diversa da tutti gli altri.
  • Un libro che non hai saputo interpretare e che ti ha lasciato interdetto? "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Milan Kundera. Mi ha lasciata spiazzata e dubbiosa. Credo di non averlo veramente capito.
  • Qual è il classico che proprio non hai apprezzato nonostante le critiche positive? "Gli indifferenti" di Moravia, forse perché è stata un'imposizione scolastica, ma quelle pagine scorrevano lentamente tra sbadigli e merende.
  • Nella vita reale sei così come ti mostri in internet? Più timida. Dentro però sono questa. Il blog mi aiuta a tirare fuori quello che di solito tengo per me.
  • Qual è la tua più grande passione? Una sola non vale. Amo leggere, scrivere e cucinare.
  • Una canzone che ti descrive? "La fine" di Tiziano Ferro (l'ho scritto che non è un periodo positivo). 
  • Il film che ami in assoluto? "La meglio gioventù".
  • Un difetto di te stesso che sopporti ben poco? La mia inesistente intraprendenza.
  • Auguri!

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    L'orologio segna le 00.27.
    In questi giorni ho acceso il computer solo per guardare qualche film e per ascoltare la musica, credo che farò così per tutta la settimana, scendo un po' dall'amaca, riappoggio i piedi per terra e mi impegno per fare qualcosa per Pasqua, che con tutta la depressione dei giorni scorsi non ho avuto voglia di fare niente. Adesso però rimedio, promesso.
    Sabato mattina insieme alla Silvia abbiamo fatto scorte di zucchero a velo al Lidl, vuole che le insegno a fare la pasta di zucchero, dice che una volta c'ha provato e si è appiccicata tutta. In un negozietto di cinesi abbiamo comprato anche delle letterine per scriverci sopra, si usano come timbri, le abbiamo pagate un paio di euro, se le prendevamo in uno di quei negozi specializzati per i prodotti dolciari minimo spendevamo venti euro. Per che cosa poi? Per uno stupido oggettino made in China lo stesso.
    Insomma questa settimana faremo qualche esperimento, almeno credo.
    Domenica pomeriggio abbiamo fatto anche ottocento cappelletti. Ottocento!!! Eravamo in cinque, ma quell'impasto per il ripieno sembrava non finire mai. Per quanto mi riguarda io i cappelletti li ho riempiti al massimo delle loro possibilità, un po' perché più sono pieni e più sono buoni e un po' perché quell'impasto doveva assolutamente finire. A questo punto spero solo di aver chiuso bene i bordi.
    Stare in cucina migliora il mio umore, sarà che quando uso le mani insieme ad altre persone ho meno tempo per pensare.

    Il tempo continua a essere brutto, nuvoloso, piovigginoso. Il mandorlo è già un po' sfiorito, i gatti hanno smesso di fare i versacci la notte, gli ulivi sono quasi tutti potati, pare che ci sia anche qualche rondine, ma la primavera stenta a spiccare il volo.
    Ho ancora la termocoperta attaccata a due, ho ancora il pigiama felpato addosso, non ho tolto nemmeno una copertina leggera dal letto, è tutto ancora come a gennaio. Anche se è Pasqua. Quest'anno saremo a pranzo a casa mia e non si apparecchierà più per tredici visto che negli ultimi mesi la nostra famiglia si è arricchita di due bellissime bimbe che, purtroppo per loro, non potranno ancora gustarsi la cioccolata.

    Nonostante la pioggia e le nuvole, nell'aria c'è profumo di festa.
    Spero che per tutti questi giorni possano essere sereni e cioccolatosi.
    Ci sentiamo tra una settimana. Auguri!

    [Dis]Avventure pasquali

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    L'avevo detto che mi sarei presa una settimana di ferie dal mondo virtuale, no? Ora che la settimana è finita
    rieccomi qui. Ho decine e decine di arretrati da leggere, ma mi metterò in pari, promesso.

    Che cosa dire di queste giornate di fine marzo che sembravano un ritorno all'autunno? Le ho passate senza blog, senza twitter, sono stata davvero zero social. Le ho passate anche senza libri, perché avevo altri progetti da sbrigare, progetti da mettere in pratica con cartoncini, uncinetto e zucchero. Progetti culinari.
    Fu così che passai il lunedì e il martedì con un uncinetto in mano fino all'una di notte. Fu così che mercoledì fui colpita da un mal di testa che mi fece stare sdraiata sul divano tutto il giorno, costringendomi anche a saltare una festa d'inaugurazione che invece era importante. Fu così che progettai tanti begli antipastini più o meno pasquali, tra cui una corona vista alla prova del cuoco.
    Sabato avevo addirittura una tabella di marcia da seguire, io che sono un completo disastro in quanto a organizzazione. La mattina ho fatto la base del pinguino, ho aspettato che si freddasse, poi l'ho tagliata in tre parti e l'ho doppiamente farcita con nutella e panna. L'ho ricoperta tutta di panna e l'ho messo in frigo. Dopo pranzo ho impastato, fatto lievitare, colorato la pasta di zucchero, fatto una specie di purè. In cucina regnava un profumo davvero gustoso, principalmente molto formaggioso.
    Dopo quei ciuffetti di purè e i soliti biscottini al parmigiano creati grazie a una ricetta della Silvia, l'impasto per fare una specie di pizzette a forma di coniglietto era lievitato, così mi sono messa all'opera. Con un cuore ho ritagliato la faccia, poi ci ho attaccato le orecchie, una pallina per fare il naso e due grani di pepe per gli occhi. Li ho infornati molto soddisfatta del lavoro svolto.
    Mentre quei coniglietti crescevano in forno ho preso il galbanino per farcire quella corona pasquale della prova del cuoco. Ho tolto la cera e l'ho buttata. Quando ho sfornato i coniglietti ho appoggiato la teglia sulla spianatoia e lì dentro, in quella stessa teglia, ho costruito la corona con quell'impasto gustosissimo di uova, carciofi, galbanino e mortadella. L'ho infornata. Stavo riordinando la cucina quando ho iniziato a sentire qualcosa che somigliava a una puzza. Ma da dove poteva venire? Non riuscivo a capirlo. Dopo qualche secondo ho avuto la netta impressione che si trattasse di un odore di cera che si scioglie, ma non avevo idea di come potesse essere possibile. Dopo ancora qualche secondo ho visto una quantità enorme di fumo uscire dal forno. Ho sgranato gli occhi e calcolato che non potevo aver bruciato la corona perché l'avevo infornata da due minuti al massimo. Nel dubbio ho spento il forno e tirato fuori la teglia. All'improvviso ho avuto ben chiaro che cos'era successo: doveva essere rimasta un po' di cera del galbanino attaccata sotto alla teglia e quella briciola di cera aveva causato tutto quel casino. A quel punto ho cotto la corona nel forno a legna, ma quando l'ho tirata fuori puzzava ancora di cera. Morale della favola? Non l'abbiamo potuta mangiare, peccato perché oltretutto era anche venuta bene.

    Il giorno di Pasqua è iniziato con la tipica colazione, tipica almeno per le mie zone. Alle nove del mattino, appena sveglia, ho fatto due occhi così per mandare giù una fetta di torta col formaggio insieme al capocollo. Mi sono poi dedicata all'apertura dell'uovo di Pasqua, c'era una sorpresa pesantissima che mi incuriosiva un sacco. Ebbene: dev'essere stato un avanzo di San Valentino. Una tazzina cuoriciosa con un orsacchiotto dentro e qualche I love you sparso qua e là. Ahahahah, mi è venuto anche da ridere. Visto che nessuno pensa mai a me a San Valentino c'ha pensato l'uovo di Pasqua. #fantastico

    A pranzo eravamo in quindici, quindici comprese le due new entries dell'anno: la Giulia e la Maddy. Per colpa dei loro pianti, delle loro cacche, dei loro sonni, abbiamo fatto un pranzo in tre tempi, finendo davvero tardi. Quei tortellini fatti da noi donne di casa tutte insieme erano squisiti, qualcosa di incredibile. Per farli c'è voluta tanta, ma taaaanta pazienza, però ne valeva la pena. Erano deliziosi, pieni a più non posso!
    Sto ancora rotolando dopo tutte le fette di torta di Pasqua mangiate, dopo tutto il cioccolato.
    Per fortuna le previsioni meteo non c'hanno azzeccato e il tempo è stato bello, a parte una leggera pioggia all'ora di pranzo, anche Pasquetta è stata soleggiata, sono andata anche al mare, ma di questo parlerò nella prossima puntata.

    Quelli che a Pasquetta vanno al mare [momenti]

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    Quelli che vanno al mare insieme ai cugini.

    Quello che è il più piccolo della truppa, che si chiama Matteo e che, di prima mattina, ha già un'incredibile voglia di fare gli indovinelli. Quello che invece di dirti buongiorno ti saluta con ora ti dico se tu ben intendi. Quella che se ne sta in silenzio aspettando che continui la frase e invece no, è finita in quel modo. È un indovinello. Quella che è convinta che un indovinello appena sveglia è il massimo che poteva aspettarsi. Quella che si arrende subito con grande soddisfazione del suo bellissimo cuginetto, che può svelare la soluzione* tra le risate.
    Quella che, ascoltata la soluzione, si sente una perfetta idiota.
    Quello che non basta un indovinello, no. Quello che, in macchina, lungo la strada, continua a tartassare di punti interrogativi l'unica che ancora lo calcola, cioè la sottoscritta.
    Quale animale resta fuori dall'arca di Mosè? Quella che (stupida lo so): la colomba. Quello che ride come uno scemo perché non c'è mai stata nessun arca di Mosè. L'indovinello successivo è consequenziale.
    Quale animale non era sull'arca di Noè? Quella che (ancora stupida): la colomba. Quello che di nuovo ride e che mi dice di no, che ho sbagliato un'altra volta, che quello che Noè non aveva portato con sé è il pesce.
    Quello che fa gli indovinelli. Quella che non sa trovare nemmeno una soluzione giusta.

    Quella che mentre la radio trasmette Un giorno da pecora, per protesta, inizia a cantare tutto il nuovo album dei Modà. Quelli che, stremati tra indovinelli e canzoncine urlate, provano a dire basta, senza ottenere risultati. Quelli che, tutto sommato, alla fine trovano delle belle parole dentro le note stonate della Silvietta.
    La vita ci consegna le chiavi di una porta
    E prati verdi sopra i quali camminare
    Puoi correre o fermarti
    Puoi scegliere tra i frutti
    Quali cogliere o lasciare maturare
    Vietato abbandonare il sogno di volare
    Ma per quello c’è bisogno dell’amore
    Io posso solo dirti
    Non temere di sbagliare
    Perché aiuta le persone ad imparare
    Quelli che si fermano lungo la strada a fare colazione. Quelli che guardano di traverso la Silvia quando ammette che proprio lì, durante quella colazione, quella mattina, ha scoperto che le piace la colomba, quella che la colomba non l'aveva mai assaggiata prima in sedici anni di vita. Quelli che la invitano gentilmente a continuare ad ascoltare i Modà.

    Quello che non mangia perché gli fa male la strada e che nel frattempo intrattiene il piccolo inventore di indovinelli con un gioco piuttosto elementare di "magia", fingendo di staccarsi il pollice. Quello che abbandona gli indovinelli (grazie Giorgio) e durante il resto del tragitto si impegna per capire il trucco della magia. Senza riuscirci. Nonostante le nostre spiegazioni.
    Quello che e dai dimmi come si faaaa!!! 
    Quelli chete l'abbiamo detto, Matteo
    Quello che dai, sul serio
    Quella che adesso basta di rompere le palle eh, la prossima volta stai a casa.
    Quello che lo dico alla mamma
    Quella che e diglielo.
    Quelli chee basta su adesso.

    Quelli che arrivano al mare che è ancora presto. Quelli che sono indecisi sulla temperatura esterna. Quelli che vedono passare ragazzi a torso nudo e donne coi cappotti. Quelli che lo prendiamo o lo lasciamo in macchina il giacchetto? Quelli che lo prendono. Quelli che fanno un giro per il mercatino. Quelle che dai, Giorgio provati questi occhiali! Quelle che gli fanno provare i peggiori occhiali da donna di quella bancherella di marocchini. Quello che se li infila ridendo. Quello che come mi stanno? 
    Quelli che vanno in spiaggia. Quello che raccoglie sassolini e bastoni. Quelli che si mettono in posa. Quelli che hanno sempre gli occhi chiusi in ogni foto. Quelli che scrivono sulla sabbia nera. Quelli che hanno i capelli scompigliati dal vento. Quelli che si chiedono come possono quei ragazzini due metri più in là giocare a pallone con i pantaloncini e la maglietta, come fosse estate. Quelli che passeggiano. Quelli che Matteo non andare dentro al mare possibilmente. Quello che corre ridendo, fregandosene delle raccomandazioni dei grandi. Quello che cerca l'oro. Quella che raccoglie le conchiglie. Quello che fa doppi sensi tra pietra pomice e pomiciamenti. Quello che che significa pomiciare? Quella chesei piccolo Matteo. Quello chetanto lo so

    Quelli che vanno a pranzo in pineta, davanti a una casa occupata da ragazzini idioti che passano tutto il tempo a fischiare e bestemmiare. Quelli che o dicono una parola e tre bestemmie oppure non hanno niente da dire. Quelli che non sanno che quando non si ha niente da dire è meglio stare zitti. Quelli che si credono grandi e fighi, fighissimi, a riempirsi la bocca di parole più grandi di loro. Quelli che, così facendo, dimostrano solo di essere dei bambini.
    Quelli che farciscono panini e divorano cioccolato. Quella che manda un messaggio al fratello restato a casa: ho una cosa per te. Quello che risponde subito, curioso come le scimmie. Quelli che, sgranocchiando avanzi di uova di Pasqua, ricordano che è il primo d'aprile. Quelli che decidono di fare uno scherzo al cugino che non è andato al mare. Quella che inventa di aver trovato un cellulare nel bagno di un ristorante. Quelli che ridono aspettando la risposta. Quello che scrive: che culo!Quelli che sgranano gli occhi chiedendosi se c'ha creduto davvero. Quella che continua nello scherzo: siccome a me non piace, se lo vuoi te lo do, sennò lo vendo. Quello che risponde immediatamente:ma no, che vendi? Lo prendo io. Quelli che ridono come dei pazzi. Quella che dice che forse è meglio dirgli la verità, al suo fratellino. Quella che gli scrive che era solo un pesce d'aprile. Quello che risponde sintetico e conciso: crepa! con tanto di punto esclamativo.

    Quelli che si rimettono in macchina. Quello che ricomincia: ho cinque bocche e una tana, mangio anche carne umana. Quelli che si arrendono subito. Quello che si arrabbia, così non vale. Quelli che è difficile, non lo sappiamo. Quello chee va bene ve lo dico. Quelli che bhè pensandoci ci si poteva arrivare. [soluzione **] Quello che se non volete fare gli indovinelli quando arriviamo a casa giocate a Uno. Quelli che pur di non sentire un altro punto interrogativo direbbero sì a qualsiasi cosa.

    Quella che per strada, insistendo con i Modà, tira fuori dalla borsa quattro ombretti dai colori piuttosto accesi e li prova come rossetti. Quella che ha il labbro superiore blu e quello inferiore verde. Quelli che Silvia, stai bene? Quella che E poi t'immagini se invece si potesse non morire e se le stelle si vedessero col sole, se si potesse nascere ogni mese per risentire la dolcezza di una madre e un padre, dormire al buio senza più paure, mentre di fuori inizia il temporale. Quelli che no, non sta bene.

    Quelli che arrivano a casa e...devono giocare a Uno.

    [soluzione*       OROLOGIO
    soluzione**      GUANTO]


    Primavera d'Italia

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    È primavera. Non solo per il calendario. È primavera sul serio.
    I ciliegi sono in fiore. I prati sono verdi di quel bel verdeUmbria che riempie ogni giorno i miei occhi. 
    Il cielo è bello azzurro, nessuna nuvola all'orizzonte.

    Presto tornerà a dondolare la mia amaca tra il noce e il melo, accanto agli ulivi, intanto mi consolo con una specie di sedia a dondolo di vimini presa quando un tipo da cui vado a tagliare il pratino ha detto che voleva buttarla. Ma siam pazzi? Se la butti è mia! Così l'ho portata a casa, un'altra cianfrusaglia inutile forse, ma intanto mi rilasso lì sopra, al sole. In questi giorni io e la mia sedia a dondolo di vimini stiamo leggendo un libro tutto ingiallito dal tempo, comprato non so da chi, non so quando. Il prezzo non si legge più, ma al massimo immagino che sarà costato qualche mila lire. Ci dobbiamo essere incontrati molto tempo fa, io e il libro ingiallito, lo testimoniano i miei scarabocchi sulle pagine, scarabocchi non fatti con la matita, no. Con una penna blu addirittura. In una pagina c'è disegnata una casa, almeno credo che sia una casa. 
    Il libro ingiallito è un libro importante. Contiene le lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana. Ne ho lette la metà finora, scritte per la maggior parte da ragazzi, diciottenni che scrivono di essere calmi davanti alla morte, perché hanno la coscienza pulita e perché sono fieri di morire per la Patria, con la lettera maiuscola. Viva l'Italia, scrivono in molti. Mi è rimasto in mente un pensiero di un padre di famiglia che scrive che muore forte e orgoglioso perché col suo sacrificio ha contribuito a costruire i letti su cui dormiranno in futuro altri italiani. Noi.
    Bella riconoscenza.
    Mi chiedo se lo rifarebbero quei ragazzi se potessero vedere come siamo finiti, com'è oggi la loro Patria, come abbiamo sfatto e sporcato il letto che c'hanno preparato. Mi chiedo che fine abbiano fatto quelle idee e mi chiedo perché la Resistenza è ancora un elemento che divide anziché unire. Ancora c'è chi paragona la violenza dei partigiani a quella dei fascisti. Ancora c'è chi considera la Resistenza un fatto esclusivamente comunista, quando invece non è così. La Resistenza è stata di tutti, tranne che dei fascisti. La Resistenza è stata dei comunisti, ma anche dei socialisti, dei liberali, dei cattolici. La Resistenza dovrebbe essere un elemento di unità, di appartenenza profonda alla Patria. 
    Mentre leggo quelle lettere, quelle rassicurazioni dei mariti alle mogli, quelle scuse che i figli rivolgono ai padri per non aver ascoltato i loro consigli ed essere andati via per un'Idea, mi vengono i brividi e mi sale una rabbia assurda. Sono morti in tanti per noi e noi diamo tutto questo per scontato. Diamo per scontato le nostre libertà sancite da quella Costituzione che senza il sangue dei partigiani non sarebbe mai nata. Diamo per scontato il fatto che, per quanto poco, possiamo fare qualcosa anche noi, andando a votare, per esempio. E se possiamo farlo è grazie a quei diciottenni che davanti al plotone d'esecuzione hanno gridato "Viva l'Italia". Sono dell'opinione che se ce ne freghiamo di tutto quello che accade intorno a noi, se alziamo le spalle convinti che tutti sono uguali, ladri nello stesso modo, allora è come se rendessimo vane le morti di quei ragazzi, che non c'hanno pensato due volte a mollare tutto per un'Idea di Patria destinata ad altri. Noi non lo faremmo. Noi non abbiamo più un'Idea per la quale saremmo disposti a dare anche la vita. Noi siamo italiani indegni degli autori di quelle lettere. 
    Più leggo quegli addii scritti con un italiano stentato e più mi chiedo perché quei ragazzi che a malapena sapevano leggere e scrivere siano stati pronti a morire per l'Italia mentre oggi, che invece tutti studiamo fino a non so quanti anni, in molti casi ce ne freghiamo. Perché? 

    Mi auguro tanto che questa bella primavera arrivata con ritardo illumini anche le menti dei politici. Mi auguro un bel governo nato sbocciando tra i fiori e un presidente della Repubblica che ricordi almeno un po' quel Sandro Pertini di cui ho tanto sentito parlare, ma che direttamente non ho mai conosciuto. Guardando lo speciale di Rai3 a lui dedicato stasera ho capito forse perché lui è ancora oggi il Presidente degli italiani. Chissà se ha combattuto anche a fianco di quei ragazzi che hanno scritto quelle lettere ingiallite. Se gli eventi fossero andati diversamente nel libro avrei potuto trovare anche una lettera di un giovane Sandro Pertini, partigiano socialista. Invece no. Per fortuna la sua idea di Patria non l'ha ucciso.
    Viva la primavera e viva l'Italia. Gli italiani, anche no.

    Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.
    Piero Calamandrei
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